Verona, città d’arte e cultura, è anche sede di un’università con circa 30.000 studenti iscritti tra Università, Accademia di Belle Arti e Conservatorio di Musica. Oltre ad una reale emergenza casa, da mesi si denuncia anche un’emergenza abitativa studentesca. Su quest’ultima è il caso di formulare alcune considerazioni. Nella nostra città sono stati calcolati circa 17.000 appartamenti vuoti, molti di questi sono da ristrutturare. Con una stima più che prudente ci sarebbero circa 6.000 appartamenti disponibili per l’immissione sul mercato, che potrebbero limitare l’emergenza abitativa cittadina ma, che già da soli, coprirebbero circa cinque volte il fabbisogno dell’Università. Consultando le graduatorie delle borse di studio pubblicate dall’Ateneo, si evince che Verona non è una città universitaria con un’alta percentuale di studenti fuori sede; di questi, quelli che hanno diritto a sostegno pubblico, sono meno di 600, e il 40% di loro resta comunque escluso dalle borse di studio per mancanza di fondi. Dai dati che l’ESU di Verona, ente per il diritto allo studio, pubblica sul suo sito, si legge che ad oggi dispone di 540 posti letto. Di questi, solo 370 risultano effettivamente assegnati a studenti aventi diritto. Per l’anno accademico 2025/26, il fabbisogno complessivo (studenti, dottorandi, visiting professors) è di circa 509 posti. In questi ultimi periodi, parecchi edifici di proprietà di fondazioni, di ordini religiosi o di privati, vengono riconvertiti in studentati. Alcuni chiedono convenzioni con l’ESU o l’Università, per accedere ai fondi del PNRR, che garantiscono 20.000 euro per ciascun posto letto messo a disposizione, per adeguare gli immobili. Ottenuti i finanziamenti, questi soggetti, tutelati dalle sovvenzioni e dalle convenzioni con enti pubblici, possono affittare i posti letto, pur nel rispetto delle norme, a prezzi di mercato o superiore, vedasi i prezzi di quelli già realizzati, dove la differenza per il costo della tariffa richiesta e quella regionale convenzionata, è sostenuta dall’ESU, che garantisce anche la regolarità del pagamento dell’intero affitto, con il solo obbligo di riservarne una parte (30%) a tariffa agevolata borsisti e per appena tre anni. Trascorso il periodo minimo di tre anni e venuta meno la convenzione con l’ESU, gli edifici tornano sul mercato, seppure con degli obblighi di legge, rendendo difficile il controllo che siano effettivamente destinati agli studenti, oppure vengano trasformati in strutture ricettive turistiche. Inoltre, si rivela arduo accertarsi sulla qualità e sull’igiene dei posti letto, oltre che sui loro costi. Nel frattempo, si ignora la già esistente realtà delle famiglie che affittano stanze agli studenti nelle proprie case. Tale politica abitativa è già ampiamente diffusa in molte città universitarie d’Europa, ma non a Verona. Per essere certi che i finanziamenti pubblici siano realmente utilizzati per realizzare posti letto per studenti e con strutture idonee, sarebbe necessario fossero gestiti solo da un ente pubblico come l’ESU. Il timore che l’emergenza residenze per studenti possa nascondere un nuovo tipo di speculazione collegata con l’utilizzo turistico, è reale. Infine, sarebbe opportuno utilizzare i fondi europei per favorire il recupero del patrimonio edilizio non utilizzato, attivando politiche di rigenerazione urbana. La corretta pianificazione di studentati e di residenze per cittadini nelle aree centrali della città, oltre a risolvere l’emergenza casa senza ulteriore consumo di suolo, rallenterebbe il fenomeno della cosiddetta desertificazione del Centro storico.