“Donne in viaggio. Storie e itinerari di emancipazione” di Lucie Azema (2021, Edizioni Tlon. Traduzione dal francese di Nunzia De Palma) Oggigiorno, la corrente intellettuale postcoloniale ricorda la necessità di decolonizzare il viaggio, affinché i popoli non occidentali si riapproprino dei racconti del mondo. Questa posizione è affine allo studio del viaggio in un’ottica di genere: se il racconto del mondo è infatti prodotto solo da una sua parte, ne consegue che esso sia parziale. Nei due casi si tratta di monopolio e dello sguardo di questo monopolio. In questo appassionante saggio, Lucie Azema ripensa l’esperienza del viaggio da una prospettiva femminista, decostruendo una narrazione fatta solo da uomini che raccontano viaggi di uomini, una narrazione maschile dell’esplorazione come conquista di corpi e luoghi erotizzati e non solo. Strappando all’oblio e restituendoci dunque le storie delle viaggiatrici del passato, l’autrice mostra quanto ancora oggi viaggiare per le donne sia difficile, ma sempre più necessario. e come per farlo sia fondamentale rompere le catene che abbiamo attorno e quelle che abbiamo interiorizzato. Con l’obiettivo di essere davvero libere di viaggiare e libere per viaggiare. La polarizzazione dei ruoli associati al maschile e al femminile non risparmia dunque l’ambito del viaggio. Tuttavia l’analisi dell’accesso delle donne al viaggio e all’avventura è un tema ancora poco sviscerato dagli studi femministi. Eppure esso è fondamentale: viaggiare e scrivere dei propri viaggi vuol dire servirsi della propria libertà di movimento, del proprio racconto. Proporre un’altra realtà rispetto a quella narrata da un maschile autoproclamatosi neutro. Perché il vero potere è l’ovvietà.
G.Tom.