Vincere un premio Nobel non si può certo dire sia una cosa accaduta a molti. E quando accade, viene da sé che la persona insignita di questo titolo dal prestigio di fama mondiale, come minimo, non veda l’ora di
rilasciare qualche dichiarazione. Un serie di interviste, magari. O perché no, fare grandi discorsi e apparizioni pubbliche. Se però ti chiami Luigi Pirandello, le cose andranno ben diversamente.
L’8 novembre del 1934, il drammaturgo, scrittore, romanziere e poeta nativo di Agrigento vinse il premio Nobel alla Letteratura.
“Per lo schietto e geniale rinnovamento nell’arte scenica e drammatica”, recitava il documento ufficiale. Igiornalisti, poco dopo aver appreso la notizia, si fecero trovare in massa fuori dall’abitazione di Pirandello,
in attesa che il Maestro si palesasse sull’uscio per rilasciare le sue dichiarazioni. Quello che accadde rimase
nella storia.
Solo due o tre giornalisti poterono entrare in casa, e trovarono Pirandello gobbo sulla sua macchina da scrivere, il quale dichiarò solo: «Sono intento a scrivere altre pagliacciate! … Pagliacciate!», sorridendo.
Furono queste le uniche dichiarazioni del drammaturgo siciliano.
Benché a primo acchito possa sembrare un comportamento assurdo, tutto ha un senso, specialmente dal punto di vista di Pirandello stesso.
Nato nel 1867 a Girgenti da famiglia benestante e proprietaria di una miniera di zolfo, Luigi Pirandello a soli 11 anni scrisse la sua prima opera teatrale, “Barbaro”. In età adulta produsse centinaia di novelle, poesie,
saggi, romanzi, tutti impregnati di quella che poi sarebbe stata la sua paradossale e cinica filosofia come Il Fu Mattia Pascal, ma soprattutto, Pirandello riuscì a farsi conoscere al mondo grazie alle sue opere teatrali
come l’Enrico IV, Sei personaggi in cerca d’autore e Così è. (Se vi pare).
Nel mondo di Pirandello, tutto è paradossale. La realtà di fatto non esiste. O meglio, ne esistono di infinite.E non è forse quando esistono infinite realtà che allora non ne esiste nemmeno una? La verità, tema centrale della sua produzione teatrale e letterale, varia in base all’apparenza. “io sono colei che mi si crede”, dice la Verità stessa, fatta a personaggio nell’ultimo atto di Così è. (Se vi pare).
Per dirla in parole semplici, Pirandello è convinto che ognuno di noi sia destinato a vivere nella menzogna continua, in quanto la società ci impone di indossare continuamente delle maschere, nessuna delle quali rispecchia veramente chi siamo.
Se la realtà è quindi un’illusione in quanto varia in base all’apparenza, è anche un’illusione l’idea di coscienza individuale. Un momento mettiamo la maschera del figlio, il momento dopo la maschera del genitore. Il momento dopo ancora, quella della professione che svolgiamo, e quando la sera torniamo a
casa e siamo da soli, che maschera ci rimane?