Stasera (mercoledì 11 dicembre) il Consiglio comunale voterà la cosiddetta “dichiarazione d’interesse” sul nuovo stadio nel corso di una seduta che per metà (quella in cui si parlerà di soldi) dovrebbe tenersi a porte chiuse. Già: perché quando si parla di “schei” il Palazzo esclude i cittadini? Mistero, andiamo avanti. Lunedì la commissione ha puntato sui motivi per i quali il nuovo impianto, a Verona, non sarebbe solo utile, ma addirittura indispensabile. Roberto Regni, ingegnere di Area Progetto Associati, ha detto che già nel 2009, quand’era sindaco Tosi, era stato approvato un progetto di 40 milioni 300 euro per mettere a norma il Bentegodi. Il progetto era finalizzato a rendere lo stadio idoneo a ospitare eventuali partite degli Europei di calcio 2016 poi assegnati alla Francia. Ora, secondo Regni, o il Bentegodi viene sottoposto a un adeguamento sismico – tre volte più costoso, ha sottolineato l’ingegnere – o lo si demolisce e ricostruisce daccapo. Simone Marconato, professionista dell’Hellas, ha tenuto a precisare che l’impianto deve essere adeguato alla “categoria 4 Uefa” entro il prossimo 25 giugno, altrimenti il Verona rischia di rimanere escluso dai campionati professionistici. Il direttore operativo dell’Hellas, Francesco Barresi, ha paventato il rischio di partite perse a tavolino. Insomma, l’apocalisse. I proponenti del progetto capeggiato dal messicano Cesar Octavio Esparza stanno affondando sull’acceleratore per arrivare al traguardo. Noi non siamo certo ingegneri o esperti di sismica. Dando per buone le tesi dei proponenti, però, ci facciamo alcune semplici domande, che poi sono quelle della gente comune. Primo: se il Bentegodi è così mal messo, se per dirla nella nostra lingua “casca a tochi”, perché in altre città in cui gli impianti sono messi come o peggio del nostro non c’è tutta questa fretta di costruire un nuovo stadio? Qualche esempio? Lecce, Empoli, Napoli (nonostante il parziale rifacimento), Ascoli, Genova (affascinante perché “all’inglese” ma vetusto), Perugia, Bari. Ce ne sarebbero molti altri. Certo, in alcune di queste città si parla di ammodernare le strutture, ma non v’è l’affanno che regna invece qui.
Nessuno dipinge scenari disastrosi come invece accade dalle nostre parti. Eppure di città importanti, nell’elenco, ve ne sono eccome. Seconda domanda: l’amministrazione comunale non doveva spiegare chiaramente alla cittadinanza, soprattutto ai residenti del quartiere Stadio, il progetto, i benefici, l’impatto sulla zona? Che fine ha fatto la mega assemblea pubblica promessa nei mesi scorsi? Terzo quesito (certo, populista, ma noi siamo orgogliosi di stare dalla parte del popolo): quand’anche gran parte dei costi del nuovo stadio venissero coperti dai privati (diciamo anche tutti i costi), non v’erano davvero altre priorità a Verona? Le energie non potevano essere incanalate in altri progetti, magari meno personalistici e più utili alla cittadinanza? Ipotizziamo: il rifacimento delle strade una volta per tutte, la sistemazione dei marciapiedi, la sistemazione della segnaletica, il ripristino di fontane e fontanelle. Non esistono solo i costi economici diretti, ma anche quelli indiretti e morali. Che impatto avrà la costruzione del nuovo impianto sui commercianti della zona? Che riflessi avrà sul traffico, già critico da quelle parti? Come sarà durante i due-tre anni di costruzione dello stadio la qualità della vita degli abitanti? Sono semplici domande. Alle quali qualcuno, prima o poi, speriamo risponda pubblicamente. A.G.