Guardate questa foto, è l’attimo che precede la tragedia. Tommy Simpson, campione inglese, uno dei big dell’epoca, viene sorretto, spinto, da alcuni tifosi. Ha lo sguardo già perso nel vuoto, gli occhi sbarrati, guarda avanti senza vedere più niente. Qualche pedalata più avanti, crollerà a terra, sulla rampe del terribile Mont Ventoux, la montagna maledetta. Senza vegetazione, un caldo infernale, in una delle tappe più tragiche della storia del Tour de France e del ciclismo.
Simpson perde i sensi,lo adagiano sui bordi della strada, cercano di soccorrerlo, in ogni modo. Arriva anche il medico del Tour, prova col massaggio cardiaco, poi la respirazione bocca a bocca, l’ossigeno. Niente. Morirà poco dopo, senza aver ripreso conoscenza. Vittima, probabilmente di un tubetto di amfetamina, che si era procurato “perchè doveva fare un’impresa”, rivelò il suo gregario Lewis. Simpson era un campione, aveva vinto la Sanremo e due volte il Lombardia. Ma quel Tour doveva essere quello della sua consacrazione. Fu quello della sua incredibile fine.