Era il 17 aprile 1967 e al Madison Square Garden di New York, 15mila spettatori entusiasti, fra i quali alcune centinaia giunti dall’Italia, fecero da cornice al match fra Benvenuti e il campione del mondo in carica dei pesi medi, l’americano Emile Griffith. Una sfida che non rimase confinata nello sport ma entrò nei libri di storia.
UNA NOTTE INDIMENTICABILE. A New York erano le 22 di una sera fredda e piovosa, in Italia le 4 di notte. C’era grande attesa per il match, ma la Rai non fece la diretta per ordine del governo, che non voleva turbare il sonno degli italiani, che a milioni si svegliarono lo stesso e seguirono l’evento alla radio, la voce era di Paolo Valenti. Il match fu un saliscendi di emozioni. Al 2/o round Griffith va al tappeto, al 4/o tocca a Benvenuti. I due se le danno senza ritegno: elegante e tecnica la boxe dell’ azzurro, potente e aggressiva quella del rivale. Si arriva alla 12ma ripresa, Griffith è stanco, Benvenuti si scatena, il rivale barcolla, gli ultimi round sono un delirio di pugni, una gara di resistenza, ma è fatta.
UN’ALBA DI EMOZIONI. L’Italia vede l’alba col titolo di campione del mondo. E molti padri racconteranno ai figli di quella notte che rimasero svegli per l’incontro che consacrò il pugile triestino alla storia della boxe. Quel match (il primo di una trilogia epica) fu l’inizio della fine per il terribile Griffith, il picchiatore gentile, amante dei cappelli, ballerino esperto, ma anche cantante e disegnatore di moda. Un campione che non ha mai fatto breccia fino in fondo nel razzismo di molti americani, per il suo essere nero forse, e per le voci sulla sua omosessualità.
Un uomo mite, ma con i guantoni capace di cose pazzesche:
DRAMMA SUL RING. Benny Paret era un pugile spaccone, che umiliò Griffith in pubblico, urlandogli maricon, il termine spagnolo per indicare in maniera spregiativa i gay. Quando i due si ritrovarono sul ring, il pugile gentile diventò una belva e scaricò sul rivale pugni come bastonate, Paret finì in ospedale e morì pochi giorni dopo. Il Madison era la tana di quel leone, Benvenuti l’aveva espugnata. Il ritorno in patria fu da film, folle accolsero il campione a Roma, Milano, Bologna, Trieste. Sembrava l’ubriacatura di un momento, nessuno poteva immaginare che Benvenuti invece era entrato nell’immaginario collettivo degli italiani per non uscirne più. Era diventato parte della storia d’Italia.
IL LIBRO
La storia più nascosta di Nino Benvenuti. I primi anni della sua vita, segnati dal dramma della guerra e dal triste destino della sua cittadina natale, Isola d’Istria, da cui lui e la sua famiglia, incalzati dalle truppe di Tito, dovettero partire. “Molti sapevano e non hanno fatto nulla” dice sempre Benvenuti.