Il sogno di De Biasi, il calcio di De Biasi, i pensieri di De Biasi.”Io non ho mai mollato. Prima o poi, sapevo che sarebbe capitata l’occasione di tornare a far calcio come dico io…”. Come dice lui, che non è facile, ma non è neppure difficile. “Dopo l’Albania – racconta – mi chiama Zamparini, da Palermo. Mi dice, “vieni, sei l’uomo giusto”. Mancano cinque giornate alla fine del campionato, gli rispondo “non me la sento. Cosa posso fare in cinque giornate? Non è il mio calcio, non puoi incidere, sarebbe stato un errore. E ho detto di no, anche se il campo mi mancava, eccome se mi mancava…”.
Lo ha trovato, anche se è in Azerbaigian, non proprio un colosso, nel calcio. Non lo era neanche l’Albania, prima di lui.”Sì, l’ho trovato, anche se a volte ho l’impressione che le cose, nel calcio, vadano alla rovescia…”.
Sorride, lì nella taverna di Zigoni, non esiste tristezza. Lui e Zigogol, duettano sulla musica di “Io vagabondo”. “Beh, vagabondo lo sono stato, se penso all’Azerbaigian e prima Albania, a quel sogno che abbiamo vissuto e al quale nessuno credeva, forse nemmeno io”.
Si commuove un po’, nel ripensare i momenti belli e il giorno dell’addio. “Ho deciso così, una sera mi son guardato e ho pensato che fosse finito il mio tempo in quella splendida storia. Allora, mi son scritto il pensiero che poi ho letto. Certo, mi sono commosso, perchè è stata un’avventura meravigliosa”.
Un sogno, appunto. “Un sogno costruito con umiltà, semplicità, con qualche pacca sulle spalle, perchè il calcio, alla fine, è soprattutto
questo. La tattica? I numeri? Ma sì, ci sono, ma vengono dopo. Quello che conta è il cuore, la passione, i sentimenti che tu ci metti e che
la squadra capisce, condivide. Allora, solo allora, puoi costruire qualcosa, anche superiore alle tue forze. Non c’è grande squadra che non abbia questo…”.
Il suo calcio. “Qualcosa ho fatto, eh, anche prima dell’Albania. Al Toro, siamo andati in A, è stata una parentesi molto bella. Ma qui, a volte, si dimentica tutto troppo in fretta…”.
Non l’aveva dimenticato la Polonia, comunque. “Lasciamo stare”, scuote la testa. Dopo l’Albania, l’aveva chiamato Zibì Boniek, presidente
della Federazione polacca. “Era praticamente fatta…”. Poi, chissà perchè, è andatain altro modo. “Hanno scelto un polacco…”, aggiunge
De Biasi.
E l’Italia? Già, è stato in corsa anche per l’Italia, non ha paura a dirlo e forse, questo, resta un piccolo-grande rimpianto. Dopo Ventura,prima di Mancini. “Sì, c’ero anch’io e magari ho pure pensato che potesse andare…”. Invece no, “…perchè sarebbe stato troppo bello e perchè, forse, servivano anche altre cose”. Dice che certi treni “non passano sempre e forse quello azzurro non passerà più”. Ma non molla la presa. “Sono tornato a fare il mio calcio”. Perchè il calcio ha bisogno di gente come lui.
Raffaele Tomelleri