Si salvi chi può. La guerra Russia-Ucraina Kiev è sotto assedio e i carri armati russi sono alle porte, ma si continua a combattere. La Gran Guardia illuminata con i colori blu e giallo della bandiera ucraina. Verona in piazza

Verona pronta ad accogliere i profughi

Verona esprime vicinanza e solidarietà al popolo di Kiev, capitale assediata in queste ore dalle truppe russe. Nelle serate di venerdì 25 e sabato 26 febbraio, il palazzo della Gran Guardia in piazza Bra, nel cuore della città, sarà illuminato con i colori blu e giallo della bandiera ucraina. Un gesto simbolico nei confronti del popolo ucraino che sta attraversando momenti drammatici.
“La guerra è una follia, quello che sta accadendo in queste ore è assurdo e va condannato in modo assoluto – commenta il sindaco Federico Sboarina -. Non ci sono giustificazioni, tutta la nostra vicinanza va al popolo ucraino, cittadini e famiglie che sono vittime innocenti dell’invasione russa. A Verona la comunità ucraina conta più di 650 persone, quasi tutte donne che vengono qui per lavorare e che hanno le proprie famiglie in Ucraina. Non possiamo essere insensibili al dramma di queste persone, la guerra va condannata sempre, si deve assolutamente fermare”.
L’Amministrazione comunale ha dato la propria disponibilità a reperire fin da ora spazi per l’accoglienza di eventuali profughi, assieme alla Caritas diocesana che gode di contatti diretti con la Caritas nazionale e quella dell’Ucraina. E a mettere a disposizione una mediatrice culturale per i bisogni di chi scappa dalla guerra, ma anche gli ucraini che vivono a Verona che sono 651, principalmente donne.
In mattinata il sindaco Federico Sboarina, accompagnato dal vicesindaco Luca Zanotto, dall’assessore Nicolò Zavarise e dal consigliere delegato alla Famiglia Anna Leso, ha incontrato il Vescovo, monsignor Giuseppe Zenti e il rappresentante della Caritas veronese don Gino Oliosi. Un appuntamento, quello nel palazzo del Vescovado, chiesto con urgenza per condividere un percorso in grado di supportare i cittadini ucraini, sia quelli che vivono a Verona che quanti potrebbero arrivare dal confine. Ma anche per unire la comunità laica e quella ecclesiale in una preghiera per la pace.
“Faremo tutto quello che è nelle nostre possibilità – ha detto Sboarina -. Se sarà necessario metteremo insieme le forze per rispondere all’emergenza umanitaria. La situazione drammatica vissuta in queste ore dal popolo ucraino è sotto gli occhi di tutti, vogliamo per questo condividere un percorso di pace assieme all’istituzione ecclesiastica. Come fatto durante la pandemia ci affidiamo alla preghiera e anche al lavoro di squadra. Prepariamoci fin da ora ad aiutare i profughi che dovessero arrivare a Verona non solo attraverso i canali umanitari, ma anche da soli, in macchina. Garantiremo spazi per l’accoglienza e l’ausilio di mediatori culturali’’.
“Le diplomazie hanno sottovalutato quanto stava succedendo – ha detto monsignor Zenti -. Il mondo è un villaggio, se si incendia una capanna tutte le altre sono a rischio. Imperdonabile che un capo di Stato accenda la miccia. Una decisione catastrofica e irrazionale a discapito di tutti, russi compresi. Speriamo riprendano presto le vie della diplomazia, la guerra è sempre iniqua”.
A Verona abbiamo 651 residenti provenienti dall’Ucraina, se allarghiamo alla provincia diventano 1.672, l’80 per cento sono donne che hanno lasciato casa e famiglia per trovare un lavoro.

In piazza Bra per fermare gli scontri: Anche i sindacati hanno aderito alla manifestazione. Valpiana: in guerra tutti colpevoli

Cgil Cisl e Uil di Verona aderiscono all’appello della Rete Pace e Disarmo, della quale fanno parte tantissime realtà associative e comitati del panorama veronese, che per Sabato mattina, 26 Febbraio 2022, ha convocato presidi e manifestazioni per la Pace in tutte le piazze italiane.
Questo sabato 26 febbraio, alle ore 11 in piazza Bra, anche la cittadinanza veronese si riunisce per chiedere uno stop immediato agli scontri armati in Ucraina e condanna dell’aggressione militare.
Il primo obiettivo deve essere la protezione umanitaria dei civili.
Anche Più Europa sarà anche in collegamento diretto con altre venti piazze di città italiane. A Roma ci saranno Emma Bonino e Benedetto Della Vedova che si collegheranno. La manifestazione ha già ricevuto l’adesione di Azione, Partito Socialista, Partito Democratico e Italia Viva.
A far sentire la voce di pace ci sarà anche il Movimento Nonviolento. “Dove le trattative dei governi hanno fallito- ha detto il presidente Mao Valpiana- tocca alla gente mettere in campo la diplomazia dal basso. È il progetto che aveva lanciato il Sindaco La Pira, la pace fatta città per città: il sogno di un’Europa dall’Atlantico agli Urali. Ma ora stiamo vivendo l’incubo di bombe e missili che colpiscono i civili nel cuore dell’Europa, per la seconda volta dal 1945: dopo l’assedio di Sarajevo ora assistiamo alla vergogna dell’assedio di Kiev. Oggi come allora l’Europa paga la mancanza di una forza comune, di una politica estera comune, di una voce unica. Doveva essere una potenza di pace, è invece una debolezza inerme. In questo conflitto c’è un aggressore e un aggredito, ma poi nella guerra non ci sono più cattivi e buoni, si diventa tutti colpevoli; perché la guerra è stata preparata, organizzata, finanziata. Le proposte di smilitarizzazione, di messa al bando delle armi nucleari, di creazione di zone neutrali, che il movimento per la pace ha elaborato e avanzato dal crollo del muro di Berlino in poi, per far nascere dopo il 1989 un’Europa di cooperazione in dialogo con la Russia e con gli Stati Uniti, non sono state raccolte. La politica dei governi europei ci ha chiuso le porte in faccia. Alle nostre offerte di dialogo, è stato risposto con il rafforzamento e l’espansione della Nato, con l’aumento esponenziale dei bilanci militari, con l’acquisto di nuovi sistemi d’arma, in modo simmetrico con la crescita della potenza militare russa’’. Ha intanto raccolto le firme delle minoranze e di una parte del Gruppo Misto l’ordine del giorno proposto dal Gruppo consigliare Pd.

A rischio il 40% delle esportazioni

Sono 893 le imprese veronesi complessivamente coinvolte nell’interscambio commerciale con la Russia. Nei primi nove mesi del 2021 l’interscambio commerciale Verona-Russia è stato di 324,5 milioni. 832 imprese hanno esportato prodotti e servizi per 171,3 milioni di euro e 61 ne hanno importati per 153,2 euro. Sono invece 403 le imprese scaligere che hanno esportato in Ucraina per 45,6 milioni di euro nei primi mesi del 2021 e 53 imprese che hanno importato prodotti per 389,1 milioni di euro, principalmente prodotti siderurgici.
“La situazione per le nostre imprese è pesante, ma prima di tutto – afferma il Presidente della Camera di Commercio di Verona, Giuseppe Riello – vorrei ricordare che il danno economico che patiremo non è nulla di fronte alle sofferenze inferte alla popolazione ucraina dall’aggressione russa. Che si sia arrivati ad una tale escalation di violenza è umanamente inconcepibile. Quanto alla situazione economica il cambio della moneta locale negli ultimi due anni è salito dai 70 ai 94 rubli per 1 euro. Se l’euro si apprezzasse ulteriormente, i nostri prodotti diverrebbero sempre meno competitivi e il rischio che i clienti scelgano di acquistare prodotti cinesi a prezzi più convenienti diverrebbe concreto. Si sta riproponendo la medesima situazione che subimmo nel 2013-2014 quando la moneta salì dai 40 ai 70 rubli per euro. Allora poi si entrò in una profonda crisi. Siamo in forte difficoltà anche per i costi di trasporto che sono raddoppiati nell’ultimo anno. Rimane poi l’incognita delle sanzioni sulle importazioni. La Russia non ha filiere produttive sviluppate e dipende dalle produzioni straniere, quindi le nostre esportazioni subirebbero pesanti ridimensionamenti. Il Veneto ha esportato in Russia 977,5 miliardi di merci nei primi nove mesi del 2021 di cui 505,1 milioni consistono in prodotti tecnologici come i macchinari, gli apparecchi elettrici, macchine ad impiego speciale e componentistica in metallo. Se le sanzioni cadessero su questa tipologia di prodotti sarebbe a rischio metà dell’export regionale in Russia. A livello veronese, la situazione è simile, Verona esporta 68,3 milioni di euro di macchinari e prodotti in metallo, il 40% del totale delle esportazioni in Russia”.
Quanto alle ricadute sul turismo, nel 2019 le presenze russe in tutta la provincia di Verona sono state 235.000 (11° mercato). Di queste, 139.000 nel solo Comune di Verona (3° mercato dopo Germania e Regno Unito). Sul lago erano invece 69.000 (14° mercato) e le altre 27.000 nel resto della provincia (8° mercato). Si tratta di turismo alto-spendente, più o meno suddiviso a metà tra strutture alberghiere ed extralberghiere. Nel 2020 sono state 40.000 le presenze in tutta la provincia, per il 2021 non sono ancora disponibili i dati suddivisi per Paese.

Serve piano di emergenza della Ue

All’indomani dell’invasione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo, Confagricoltura chiede un piano di emergenza per il settore agroalimentare, coordinato dalla Commissione europea, per assicurare la continuità dei cicli produttivi e garantire i rifornimenti.
“Dobbiamo prepararci ad affrontare una situazione di profonda instabilità – sottolinea Lodovico Giustiniani, presidente di Confagricoltura Veneto -. La vicinanza alla popolazione ucraina e la ferma condanna a quanto sta accadendo si uniscono al timore per le prevedibili reazioni di Mosca al pacchetto di sanzioni decise dall’Ue. I prezzi del gas e del petrolio continuano a salire e sono praticamente ferme le partenze di cereali dai porti dell’Ucraina. Le sanzioni varate dall’Ue riguardano anche la Bielorussia, che ha deciso il blocco delle importazioni di prodotti agroalimentari dagli Stati membri. Sono già crollate le esportazioni di mele e pere dall’Unione. Il mercato internazionale dei cereali è sotto pressione, anche a causa delle stime relative alla contrazione dei raccolti in Argentina e Brasile per la carenza di piogge. E’ destinato quindi a salire il costo per l’alimentazione del bestiame che già alla fine dello scorso anno ha fatto registrare un rialzo del 30%. Dall’inizio di febbraio le autorità di Mosca hanno anche bloccato le esportazioni di nitrato di ammonio, che è utilizzato per la produzione di fertilizzanti”.
L’Ucraina è il terzo esportatore di cereali a livello globale. La Federazione Russa è al primo posto, anche se ha attuato già dallo scorso anno una limitazione delle esportazioni per contenere l’aumento dei prezzi all’interno.
“Ancora una volta l’agricoltura rischia di pagare un conto salatissimo a causa delle tensioni internazionali – dichiara Andrea Lavagnoli, presidente provinciale di Cia – Agricoltori Italiani-, come già avvenuto con l’impennata delle materie prime negli ultimi mesi e con l’embargo imposto dall’Ue alla Russia nel 2014. A preoccupare sono le inevitabili ripercussioni al pacchetto duro di sanzioni che l’Ue si accinge a preparare. Tutte le volte che l’Europa, e con essa l’Italia,compie scelte di geopolitica che portano a perdere mercati di sbocco dei nostri prodotti, conquistati faticosamente negli anni, a pagare i costi è l’economia e in particolare l’agricoltura. Il risultato è che ci troviamo con mercati di esportazione bloccati, le cui conseguenze non sono solo nell’immediato, ma anche a lungo termine. Si pensi ad esempio alla scelta della Russia di produrre formaggi con le tecnologie e le ricette italiane, dopo l’embargo del 2014. Qualcuno pensa che riconquisteremo questi mercati? Bisogna agire con tutta la risolutezza necessaria e che si stabilisca un punto fermo: ogni scelta di politica internazionale che si traduca direttamente o indirettamente in danni per l’agricoltura italiana, deve comportare rimborsi agli agricoltori per la loro intera entità, anche in previsione dei condizionamenti futuri che portano stabili perdite alla nostra agricoltura. I nostri governanti devono comprendere che l’attività agricola non è come le altre attività economiche. Quando un’azienda chiude, chiude per sempre, polverizzando quel valore inestimabile che per noi veneti è il rapporto tra attività produttiva, natura, tradizione e territorio”.