L’aumento delle temperature e la riduzione delle precipitazioni degli ultimi anni hanno determinato il prolungamento della stagione pollinica. Di questo non possono essere di certo felici le numerose persone che soffrono di allergie e che devono, di conseguenza, convivere per più tempo con congiuntivite, rinite, asma.
La situazione non è di certo migliore nel Veneto. A confermarlo è un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica “Atmospheric Environment” lunedì 23 settembre, realizzato dal team di ricerca coordinato da Alessandro Marcon, ricercatore del dipartimento di Diagnostica e sanità pubblica dell’università di Verona, e composto da Sofia Tagliaferro, dottoranda e prima autrice del lavoro scientifico, Pierpaolo Marchetti, e Morena Nicolis.
Altri enti coinvolti sono stati l’Arpav del Veneto con Francesco Domenichini del Centro meteorologico di Teolo e Damaris Selle, referente dell’Ufficio pollini sede di Belluno dell’Unità Organizzativa di biologia ambientale e biodiversità, e l’azienda milanese Arianet, che si occupa di sistemi previsionali e ricerca sugli inquinanti atmosferici. La ricerca è stata finanziata dall’Unione Europea mediante fondi Pnrr attraverso il ministero dell’Università e della ricerca.
L’analisi è stata condotta nell’ambito del progetto Meetout, Mitigation of the effects of environmental triggers on the outcomes of chronic respiratory diseases, che ha lo scopo di comprendere gli effetti delle esposizioni ambientali e ridurne l’impatto sulle persone affette da malattie respiratorie croniche. Lo studio ha analizzato gli andamenti temporali di 9 tipologie di polline di interesse allergologico in Veneto. I dati sono stati raccolti da 20 stazioni di monitoraggio e coprono il periodo 2001-2022 per Corylacee come il nocciolo e il carpino, Cupressacee come il cipresso, Graminacee come frumento, Oleacee come l’olivo e il frassino e Urticacee come l’ortica e la parietaria e il periodo 2006-2022 per ontano, betulla, ambrosia e artemisia. “I risultati dell’analisi indicano un prolungamento della stagione pollinica e un aumento del carico di pollini nell’atmosfera, in particolare nelle aree subcontinentali del Veneto, ossia la pianura – spiega Sofia Tagliaferro – Tra i dati più rilevanti emerge l’aumento dei pollini di Graminacee, un andamento che contrasta con quello osservato nel resto d’Europa e che potrebbe essere un segnale di una gestione insufficiente degli sfalci delle erbe. Questi risultati sono coerenti con quanto emerso da studi condotti in altri Paesi europei, che evidenziano l’impatto dei cambiamenti climatici sulle medesime specie arboree. Le variazioni riscontrate sono state accompagnate, nella regione Veneto, da un aumento significativo della temperatura media negli ultimi vent’anni, con un incremento di 1 grado centigrado in pianura e di 2 gradi centigradi nelle aree alpine, accompagnato da una riduzione delle precipitazioni, particolarmente evidente negli ultimi 5 anni”.
Il gruppo di lavoro ha, inoltre, rilevato nella regione un’anticipazione significativa e un prolungamento delle stagioni polliniche per diverse specie vegetali, soprattutto nelle aree subcontinentali. Tra le soluzioni più promettenti si evidenzia lo sviluppo di sistemi di previsione dei pollini a breve termine, simili alle previsioni meteorologiche, facilmente integrabili in applicazioni per smartphone.