Nuova importante scoperta sul fronte della battaglia contro il COVID-19. Uno studio tutto italiano ha infatti dimostrato che vi è una correlazione tra il covid-19 e l’inquinamento. Una teoria di cui s’era già parlato. Scopriamo subito tutti i dettagli di questa svolta nel campo scientifico.
L’inverno appena passato è stato per certi versi anomalo su diverse regioni dell’Italia a causa delle presenza costante di un vasto (anzi mega!) campo di alta pressione, ovvero un ANTICICLONE. Queste condizioni hanno favorito un’estrema stabilità atmosferica con assenza di piogge, specie tra gennaio e febbraio, e tante giornate senza vento, grigie, umide o rasserenate solo da un timido sole.
L’effetto dannoso di questo blocco atmosferico, è stato l’accumulo di inquinanti (POLVERI Sottili) in particolare al Nord e soprattutto in Lombardia. Infatti la pianura padana è chiusa su 3 lati da catene montuose che di fatto impediscono il ricambio dell’aria. Inoltre queste zone, specie le province di Milano, Bergamo, Brescia e Lodi, e pure Piacenza sono tra le più densamente abitate e più industrializzate di tutta l’Europa, nonché anche le più lontane dal mare e dai rimescolamenti atmosferici. Il risultato è stato quello di superare per quasi due mesi di fila le soglie di allarme per i famigerati PM10, le polveri sottili nell’aria appunto.
Tutti questi fattori potrebbero essere alla base della diffusione del COVID-19 proprio sulle regioni del Nord. E’ quanto emerge da una ricerca condotta dalla Società Italiana di Medicina Ambientale e pubblicata da Corriere.it, che annuncia come il coronavirus sia stato ritrovato nei campioni di aria lombardi. Leonardo Setti, coordinatore del gruppo di ricerca, spiega “le prime evidenze relative alla presenza del coronavirus sulle polveri (particolato) provengono da analisi eseguite su 34 campioni di PM10 di siti industriali della provincia di Bergamo, raccolti con due diversi campionatori d’aria per un periodo continuativo di 3 settimane, dal 21 febbraio al 13 marzo”.
Proseguono poi i ricercatori: “in condizioni di stabilità atmosferica e alte concentrazioni di PM, le micro-goccioline infettate contenenti il coronavirus SARS-CoV-2 possono stabilizzarsi sulle particelle per creare dei cluster col particolato, aumentando la persistenza del virus nell’atmosfera come già ipotizzato sulla base di recenti ricerche internazionali”.