“Sì, li ho uccisi io, l’ho fatto per soldi”. Il caso di Diego Gugole – di Sara Rosa Il caso di Diego Gugole, che ha ucciso i genitori riporta alla mente la follia di Maso

Parricidio, matricidio e parenticidio: sono diversi i casi di cronaca in cui i figli si sono macchiati di questi efferati delitti. Il fenomeno è sempre esistito, ma in passato l’attenzione mediatica non era di certo così forte. Delitti maturati all’interno delle mura domestiche, luoghi che dovrebbero essere dedicati all’incontro e capaci di conservare gli affetti più sicuri e che invece diventano, loro malgrado, teatri imbrattati dal sangue. L’assassinio come ultima messa in scena, di un lato deviato dei rapporti familiari, che nel tempo non ha trovato rimedio altro se non l’eliminazione “dell’ostacolo”.
Secondo l’Ansa, i casi di parenticidio rappresentano il 4% degli omicidi degli ultimi 20 anni. In 5 casi su 6 a commetterli sono uomini, di età compresa tra i 22 e i 35 anni. L’ultimo, in ordine di tempo, è avvenuto per mano di Diego Gugole, in quel di Chiampo, nel Vicentino. Primo e unico figlio della coppia, reo confesso, ha dichiarato di avere ucciso, a colpi d’arma da fuoco lo scorso 15 marzo i genitori, Sergio Gugole, 62enne e Lorena Zani, 59enne, all’interno della loro abitazione. Il 25enne, disoccupato, sembrerebbe aver agito per arrivare anticipatamente all’eredità: “Sì, li ho uccisi io, per soldi… Per quello che può valere, mi dispiace”. Queste sono alcune delle frasi trapelate, che lo stesso avrebbe dichiarato al Gip. Nell’interrogatorio avrebbe ribadito di aver studiato il piano di esecuzione per circa un mese. Dopo averlo messo in pratica, si sarebbe recato dal barbiere e poi in un bar per seguire una partita di Champions.
Il caso stordisce, per la freddezza del pensiero che ne sta alla base e il distacco che si evince nell’agito e riporta alla mente il simil celebre massacro avvenuto a Montecchia di Crosara nel Veronese, a pochi km di distanza da Chiampo. Un delitto, quello messo in atto da un giovanissimo Pietro Maso, nel 1991, che con la complicità di tre amici, uccise i genitori per incassarne il patrimonio. Premesso che le variabili che conducono a un parenticidio possono essere disparate e mai può farsi valido un ragionamento unitario, in quanto si rischierebbe di accomunare dinamiche complesse, che invece richiedono un’indagine accurata nella storia personale e familiare, è anche vero che si denotano spesso, motivazioni correlate a
interessi economici.
Figli che, nella loro visione distorta, percepiscono l’eliminazione fisica del genitore come l’unico modo per eliminare un intralcio ai loro obiettivi. Atti, difficilmente causati da raptus, ma al contrario, frutto di scelte che affondano le loro radici spesso in profonde crisi identitarie. Un altro aspetto che si rileva accomunare diverse di queste situazioni, è il distacco emotivo, attuato dal carnefice, successivamente la consumazione del delitto.
Un modus operandi che rivela una mancanza di capacità empatica o un’attivazione di un meccanismo di difesa, finalizzato a ritardare la consapevolezza della drammaticità di quanto commesso. Cognizione che, per non crollare psicologicamente, viene acquisita dal soggetto solitamente a distanza di tempo.