“Sì, il calcio mi ha dato molto ma è un mondo molto falso.. Meglio…giocare sott’acqua..” Alberto Comazzi, ieri capitano Hellas, oggi fa il subacqueo

Alberto Comazzi è un ex calciatore italiano. Il forte difensore ha disputato moltissime stagioni con
la maglia dell’Hellas Verona con cui ha collezionato ben 193 presenze. La sua vocazione da team leader lo ha portato a svolgere un ruolo di responsabilità anche al di fuori del terreno di gioco.
-Cosa fa Alberto Comazzi oggi?
* Sono un subacqueo, precisamente ricopro il ruolo di tecnico specialistico presso una
multinazionale. Lavoriamo specialmente all’estero con turni di 40 giorni e svolgiamo missioni sott’acqua, tagli subacquei a profondità che si spingono fino a 60 metri. Nel tempo libero studio enologia presso l’Università degli studi di Verona per crearmi un’alternativa concreta per il post acqua.
-Ci racconti un po’ delle sue imprese subacquee..
* Quelle che ricordo con maggior piacere sono state in Venezuela e in Bulgaria. Questo lavoro è stata una bellissima sorpresa, ammetto che ho legato più qui che in certe squadre di calcio. Le componenti di fiducia e aiuto sono tutto: sott’acqua si lavora in team e a giro uno di noi ricopre il ruolo di standby (figura pronta a soccorrere i compagni in caso di necessità).
-Come mai ha deciso di non lavorare più nel mondo del calcio?
* Il calcio mi ha dato tanto, ma ho scoperto che è un mondo pieno di falsità, si ha a che fare con persone non sincere che inseguono solamente i propri interessi.
– Sull’importanza di aver giocato a calcio per rapportarsi con la diversità nel suo nuovo lavoro..
* Ho imparato molto dal mondo del calcio. In campo amavo guidare la difesa dispensando consigli ai compagni, ora lo faccio sott’acqua.
-Quali sono i pro e i contro del suo lavoro?
* Sicuramente questo lavoro mi entusiasma moltissimo: prima di immergermi percepisco quella scarica di adrenalina paragonabile ad un pre partita. L’aspetto positivo è che devo sempre
inventarmi qualcosa per portare a casa il risultato finale. I contro? Ci sono, ma bisogna affrontarli e anche questo me l’ha insegnato il calcio.