“Le consultazioni che hanno avuto luogo nelle scorse settimane presso il ministero delle Politiche agricole hanno prodotto una riflessione senz’altro condivisibile sui futuri obiettivi di sviluppo del settore primario, ma il documento sul Piano Strategico Nazionale finora delineato denota ancora un atteggiamento sostanzialmente elusivo verso le potenzialità del contoterzismo agrario come motore di sviluppo dell’agricoltura italiana”.
Così il presidente di Cai, Gianni Dalla Bernardina, ha inteso sintetizzare lo stato attuale del dibattito sulla futura applicazione della nuova Politica agricola comune 2023-2027, sviluppato nell’ambito del tavolo di partenariato nazionale istituito presso il Mipaaf, evidenziando alcune criticità ancora aperte.
Un aspetto centrale rivendicato dalla Confederazione degli Agromeccanici e Agricoltori Italiani è quello della mancanza di una chiara menzione a livello nazionale della necessità di consentire alle imprese agromeccaniche l’accesso ai fondi comunitari per lo sviluppo rurale messi a disposizione dall’Ue.
Al contrario, un’apertura in questa direzione consentirebbe di potenziare al massimo grado la propensione agli investimenti in innovazione tecnologica propria del contoterzismo agrario e di dare una vera iniezione di competitività per l’agricoltura italiana, funzionale anche alla necessità di arrivare a normare l’equiparazione dell’attività agromeccanica a quella agricola.
“La partecipazione del mondo agromeccanico alle misure messe a disposizione da Bruxelles sul cosiddetto secondo pilastro della Pac – osserva Michele Pedriali, vicepresidente ed incaricato da Cai a seguire la delicata contrattazione sul tema -, oltre che rappresentare un’ineludibile questione di equità nell’accesso ai fondi pubblici, consentirebbe di dare un rinnovato impulso alle dinamiche imprenditoriali del settore su una serie di fronti: dall’avvio di start up agricole in tutte le aree rurali alla cooperazione di filiera e di distretto, dal potenziamento degli investimenti materiali e immateriali alla promozione di approcci collettivi su agroambiente e tecnologie sostenibili”.
Tra i punti dolenti sottolineati da Cai vi sono inoltre alcune scelte specifiche prospettate per il settore cerealicolo, con particolare riferimento alla coltivazione di mais e frumento. La possibilità di accesso alle provvidenze previste dal nuovo regime ecologico della Pac e dal meccanismo che in gergo tecnico si definisce come ‘sostegno accoppiato’ sarebbe infatti limitata ai cerealicoltori in senso stretto: ciò finirebbe per arrecare un grave pregiudizio all’agricoltura e all’agroalimentare nazionali, riducendo ulteriormente il già precario tasso di autoapprovvigionamento su filiere strategiche come la pasta e la zootecnia da latte e da carne, che operano al servizio delle produzioni Dop e Igp.