Appena intuisce che vogliamo fissare un’intervista, mette giù il telefono con una scusa: “Riciama, parche no sento mia ben”. Ci presentiamo il giorno dopo e nonostante gli accordi presi, Silvano detto “Ropeton” non c’è. “L’è na con la filovia all’ospedal, el tornarà tra un par de ore”, ci avvisa la
moglie Sandra, che nell’attesa ci prepara il piatto tipico della casa: le famose pennette Ropeton, buone da far scarpetta. L’inizio difficile non ci spaventa e a pancia piena tutto vien più semplice.
Silvano è finalmente lì, un po’ provato ad aspettarci: “Femo in pressia che son straco e go da riposarme: ho fatto 20 giorni all’ospedal par el covid che no auguro a nessuno”. 79 anni tra poco e la grinta di sempre, giullare indomabile di un’osteria posizionata in una delle più belle zone di Verona. Via Fontana del Ferro, “ndo sta quei che sa arricchiti”, ma qua di “sapientoni” non ne vogliono sentire. Circa 50 coperti, 10 al momento all’aperto, cucina semplice, prezzi modici e dosi
generose: da 50 anni esatti “in scena” tra gli spazi stretti del loro locale, in linea d’aria proprio sopra il Teatro Romano.
Come è iniziato il tutto?
Silvano: “Me moier l’ha scominsià a far sto mestier nel ’71, mi su suo consiglio il 6 agosto del ’75 e fino al 2000 eravamo in un altro locale, lì di fronte (indica la piazzetta ndr). All’inizio servivamo solo da bere, e un venerdì sera con un me amico se semo messi a far da magnar: riso alla greca e pennette col verde, ghera più pentole sporche che altro. Da lì è cominciato tutto, la gente che
giocava a carte fin alle 4 di mattina e mi ho dovuo riciamar me moier che l’era al mar coi buteleti, perché ghera massa laoro”.
Come son nate le vostre pennette?
Sandra: “Avevamo assaggiato qualcosa di simile: siamo partiti dalle pennette alla cubana e nel tempo le abbiamo rielaborate. Tanti provano a imitarci, hanno fatto anche la pizza Ropeton e il macinato Ropeton, ma chi le mangia “dise che iè distanti dalle nostre”.
Silvano, come mai la chiamano Ropeton?
Me l’ha dato el me amico con cui ho scominsià: ropeton vuol dire scombinar, uno che fa casin come mi e in suo ricordo ho ciamà l’osteria così.
Gira ancora tra i tavoli a cantare?
Silvano: “Sì, perché son così de natura, non è che me sforsa, anca se adesso go un po’ manco fià. Me sistemo el tovaiol sulla spalla, e come un vero oste, canto quel che me vien: Celentano, la Caselli, Little Tony, ma no voi richieste. La gente che vien qua, la ga da capir el spirito del posto: no
semo mia al ristorante, semo un osteria con cucina e te magne quel che ghe”.
Dei tanti personaggi famosi passati, chi ricordate con piacere?
Sandra: “Il maestro Albertazzi una persona meravigliosa, era passato dopo lo spettacolo con Amii Stewart e Serena Autieri. Anche Dario Fo e Franca Rame i era vegnui qua. E dopo Elkjaer e tutti quei del scudetto”.
Silvano (interrompe): “A mi no me ne frega niente de ci vien, a mi me importa solo che la me voia ben ela, e che la staga ben. E dopo l’importante che la gente la magna de gusto, non importa quei famosi”.
La ricetta: “Pennette ropeton”
Sandra: Sono pennette con curry e salsiccia saltati, poi peperoni e panna, sconsigliato il formaggio
grattugiato sopra. Come pasta noi usiamo la Rummo, che tiene bene la cottura e rimane al dente.
Il segreto?
I peperoni sicuramente, noi prendiamo quelli belli polposi che costano un po’ di più rispetto a quelli
normali. E poi dipende sempre dalla mano che le fa…
Vino da abbinarci?
Vino rosso, noi preferiamo quello sfuso.
Costo di un piatto di pennette?
7€, sia al ristorante che da asporto”.
Fabio Ridolfi