«Le campane non suonavano più e nessuno piangeva. L’unica cosa che si faceva era aspettare la morte, chi, ormai pazzo, guardando fisso nel vuoto, chi sgranando il rosario, altri abbandonandosi ai vizi peggiori. Molti dicevano: “È la fine del mondo”».
Così un cronista svedese ha descritto quello che ha visto durante la gigantesca epidemia di Peste nera che ha messo in ginocchio l’Europa tra il 1347 e 1353. Il batterio della peste, o Yersinia Pestis, è un coccobacillo a forma di bastoncino, isolato in laboratorio per la prima volta nel 1894 e trasmissibile all’uomo tramite le pulci dei roditori, come i ratti.
L’area di origine dell’ondata di pesta nera, così chiamata perché faceva comparire sul corpo degli infetti grossi bubboni neri, sembra esser stata l’Asia centro-orientale. Proprio in quei territori, alcuni anni prima ci sarebbe stata una massiva moria di roditori dovuta alla scarsità di cibo per via dell’irrigidimento improvviso delle condizioni climatiche. Venendo così a mancare i roditori, le pulci, i principali vettori del bacillo della peste, cercarono altri mammiferi da mordere: in primis l’uomo.
L’impero Mongolo aveva una rete commerciale sviluppatissima e questo incrementò la diffusione della peste in Europa e il conseguente propagarsi della malattia. L’Italia venne colpita da tre diversi fronti: dalla Sicilia, da dove la peste si diffuse in tutta l’Italia meridionale e nel Lazio; da Genova, dove vengono contagiati Piemonte e Lombardia; e infine da Venezia, dove travolse Veneto, Emilia-Romagna fino alla Dalmazia.
A rendere la diffusione di questa malattia ancora più facile erano certamente le scarsissime norme igieniche dell’epoca, che non prevedevano nemmeno le fognature, costringendo così gli abitanti delle città a gettare ogni tipo di rifiuto, organico e non, nelle strade, trasformando i centri abitati in vere e proprie discariche a cielo aperto. La Peste Nera si manifestava con febbre altissima, vomito, bubboni infetti nei pressi dei linfonodi di ascelle e collo, e difficoltà respiratorie.
Dopo qualche giorno, o addirittura ore, subentrava la morte. La causa della Peste Nera, si credeva essere l’aria malsana. Una sorta di miasma diffuso in tutto il continente da un Dio furioso che avrebbe sterminato l’intera popolazione, che meritava di essere punita per i suoi innominabili peccati. Il decadimento morale infatti era inimmaginabile, la decadenza sociale di quel periodo ha toccato vette che ancora oggi sarebbe bene temere. Una delle pratiche più usate era quella di incidere una grossa vena, o i bubboni stessi, facendone uscire sangue e fluidi di altra natura, in modo da purificare il corpo. Questo però, oltre ad indebolire molto i pazienti non faceva altro che facilitare la diffusione della malattia e il conseguente contagio.
Il vaccino contro il bacillo della Yersinia Pestis venne creato per la prima volta da Waldermar Haffkine, famoso batteriologo russo che lavorò al vaccino dopo una grande epidemia di peste sviluppatasi nel 1896 a Bombay, in India. Il vaccino, perfezionato poi nel 900 da altri due batteriologi è tutt’oggi usato, ma garantisce una protezione per un periodo di massimo 6-12 mesi. Si stima che le vittime della Peste Nera siano state attorno alle 20 milioni e circa un terzo della popolazione Europea venne sterminata a causa di questa malattia invincibile. Intere città persero la quasi totalità degli abitanti e ne Re, papi, dotti, clero, poveri, ricchi o nobili ricevevano trattamenti di favore da quella che è ancora oggi considerata la malattia più mortale della storia.
Nessuno scampava alla morte nera, tutti erano sullo stesso piano e le questo fece vacillare il già precario ordine sociale dell’epoca. L’epidemia di peste cambiò l’Europa del tardo Medioevo almeno quanto le guerre mondiali cambiarono il mondo moderno, modificando anche la realtà nella quale viviamo oggi, che altro non è che un prodotto della realtà del passato.
Vanessa Righetti