Mascherina ora necessaria. Ed è caos sulle quarantene
Anche il trasporto pubblico è un’incognita. Sindaci allarmati
Al momento conosciamo solo la data della ripresa delle lezioni, il 14 settembre, ma non è detto che da qui a un mese non possa essere posticipata. Per il resto, la riapertura della scuola è costellata da mille incognite. Ad oggi la situazione è questa.
L’inizio potrebbe essere diversificato a seconda dell’andamento dell’indice Rt: il 29 agosto il Comitato tecnico-scientifico si riunirà per analizzare gli indici epidemiologici regione per regione.
I tanto discussi banchi monoposto con rotelle (e qualcuno inizia a chiedersi se in caso di terremoto saranno utili per proteggere gli studenti) arriveranno scaglionati, gli ultimi non prima di dicembre, e a sostenerlo sono gli stessi produttori. L’uso della mascherina in classe per tutte le ore di lezione pareva facoltativo ed invece il Comitato ha cambiato idea sentenziando che sarà obbligatorio dai 6 anni in su, ovviamente non durante le interrogazioni e per gli alunni con particolari problemi.
Il commissario all’Emergenza Domenico Arcuri ha informato che ogni giorno le scuole distribuiranno 11 milioni di mascherine e 170 mila litri di gel igienizzante alla settimana.
Le responsabilità di eventuali contagi o situazioni di rischio ad oggi ricade sui presidi, che giustamente chiedono di essere tutelati e maggiore chiarezza.
Gli stessi presidi brancolano nel buio alla ricerca di spazi alternativi da acquistare o prendere in affitto per sopperire alla mancanza di aule. L’avviso pubblico è stata appena pubblicato: riusciranno, in un mese, a ottenere i soldi, trovare i locali adatti, renderli conforme alle norme anti-Covid ed eventualmente ristrutturarli?
Cosa accadrà in caso di contagi, scontati vista la mole di soggetti interessati? L’ipotesi principale è che si andrà incontro a chiusure “lastiche”e temporanee, come ha lasciato intendere il vice ministro della Salute, Pierpaolo Sileri. Ma non si esclude una soluzione più estrema, vale a dire la chiusura dell’intero istituto. Che scatterebbe però solo in caso di cluster esteso, che interessa più classi, quando cioè si è in presenza di un vero e proprio focolaio.
Sul fronte dei trasporti, le Regioni sono preoccupate per il fatto che le regole in vigore col dimezzamento della capienza rendono, a loro dire, impossibile un servizio efficace. Al momento l’unica deroga ammessa al distanziamento sociale riguarda i percorsi inferiori ai 15 minuti. Ciò significa che solo sotto tale soglia gli scuolabus e gli autobus di linea possono viaggiare a piena capienza. Un altro problema non da poco.
Il commento: Vogliono rinviare l’inizio della scuola?
Filtra da più parti il sospetto che dietro la caccia all’untore della discoteca e al vacanziere di ritorno dall’estero vi sia l’intento di rinviare l’inizio della scuola e le elezioni regionali del 20 e 21 settembre. L’ultimo a scriverlo è il sito Dagospia, il più informato sugli accadimenti di Palazzo. Il governo si è affrettato a dichiarare che non aveva autorizzato la riapertura delle sale da ballo e che la responsabilità è delle Regioni. Alcuni politici della maggioranza hanno cominciato a puntualizzare che sì, la destinazione delle ferie era libera (grazie), ma che sarebbe stato molto meglio trascorrerle nel Belpaese, che c’era anche il bonus, e qui non entriamo nel merito dell’efficacia. I capri espiatori sono stati individuati. A dargli addosso sono anche i virologi catastrofisti che abbiamo imparato a non apprezzare durante la quarantena. Rinviare le elezioni, evidentemente per mero interesse di chi oggi non è dato in cima ai sondaggi, sarebbe l’ennesimo atto contro la democrazia. Rinviare ulteriormente il ritorno sui banchi – dato che agli istituti non è stato dato il tempo per adeguarsi alle decine di norme imposte con grande confussione – creerebbe un pericoloso precedente, lancerebbe un tremendo messaggio alle nuove generazioni: l’istruzione non conta, tanto poi arriva il sussidio. Speriamo di sbagliarci. La sensazione però è che tiri una brutta aria.
Alessandro Gonzato
“Dai 7 anni, alunni con la mascherina”
Lo dice Miozzo, CTS: ”In caso di positività, non sarà in quarantena tutta la scuola”
“Ai ragazzi sopra i sei anni sarà chiesto di usare la mascherina. Ci saranno delle condizioni particolari, come ad esempio l’uso o non uso della mascherina per una ragazzo o una ragazza non udente, per un bambino o una bambina con delle difficoltà neurologiche o psicologiche oppure durante l’interrogazione – ha spiegato il coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo, dopo la riunione del Cts che doveva discutere di scuola. “Ci saranno dei momenti del contesto locale e specifico che saranno di volta in volta valutati. Ovviamente non c’è la mascherina a mensa o mentre si fa ginnastica, però l’indicazione è di utilizzarla”.
Marcia indietro dunque rispetto alle aperture di una settimana fa quando la ministra Lucia Azzolina aveva annunciato che quando gli studenti sono al banco possono toglierla. Invece il Cts ha valutato che tenere la mascherina anche in classe, dove si passano molte ore insieme, sia una precauzione che va mantenuta, anche per i bambini delle elementari. Per ora niente deroghe come invece speravano anche insegnanti e presidi che vedono la difficoltà di un uso corretto da parte dei più piccoli. Il commissario Domenico Arcuri è pronto a distribuire 11 milioni di mascherine al giorno alle regioni che le faranno pervenire alle scuole.
“Abbiamo 8 milioni di studenti e 2 milioni di lavoratori: qualche caso ci sarà, inevitabile”
Miozzo ha dato anche alcune indicazioni su come verranno gestiti i casi di contagio in classe: no alla chiusura di tutta la scuola, ma quarantena per i compagni e i prof del contagiato. «Oggi pomeriggio il comitato tecnico scientifico discuterà del documento elaborato dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con l’Inail che è il documento che dice come dobbiamo affrontare i casi, che sicuramente ci saranno – ha spiegato il coordinatore del Cts -. Abbiamo otto milioni di studenti e due milioni di persone che lavorano, non possiamo immaginare che non avremo un caso, due casi o dieci casi. Questo è quasi una certezza. Ma un caso non vorrà dire chiudere le scuole di un paese, della regione o della provincia. Bisognerà di volta in volta esaminare il contesto, la specifica situazione e se necessario mettere in quarantena una classe o se necessario mettere in quarantena l’intera scuola. Questo sarà discusso di volta in volta con le strutture sanitarie locali e con il dirigente didattico e di volta in volta verrà studiata la soluzione più opportuna».
Azzolina: “Perchè mai dovrei dimettermi?”
Come fa a esserne così sicura, ministra Lucia Azzolina? Il virus accelera.
«Nessuno di noi pensa che si possa tornare a un lockdown generalizzato. Siamo più preparati. E laddove si verificasse qualche caso locale, abbiamo considerato il rischio chiusura e preparato gli strumenti per affrontare la situazione».
Insomma, lei si promuove a pieni voti. Il centrodestra invece la boccia per le gaffe e chiede le sue dimissioni. Mai pensato di dimettersi?
«No, perché sulla scuola stiamo facendo cose eccezionali. Chiede le dimissioni proprio il centrodestra, che ha fatto 8 miliardi di tagli alla scuola? Salvini nella sua mente dirige un ministero dell’Istruzione tutto suo, fatto di plexiglas, lezioni nei B&B o allo zoo. Per me parlano i fatti, dalle assunzioni ai banchi».
Davvero non teme che un flop della riapertura possa tirare giù il governo?
«Assolutamente no. Abbiamo lavorato bene, la sfida la vinceremo noi».