Estate, Anno del Signore 2003, liceo classico “Scipione Maffei”. Non ricordo la data esatta dell’orale, forse era il 2 luglio, ma l’esame di maturità, 17 anni dopo, lo sogno ancora. È un incubo: ho studiato tanto ma non so nulla, o molto poco – esattamente come allora – e sono lì per essere ricacciato alla casella del “via”. Tra i professori c’è chi mi guarda ghignando e chi scuote la testa. Dentro di me li maledico. Ce n’è solo uno, quello di Scienze della Terra – in realtà una professoressa – che tenta (vanamente) di aiutarmi. Gli altri hanno il coltello tra i denti. All’improvviso uno scatto, probabilmente una botta di culo: i Secondi Sofisti li so piuttosto bene, ne parlo senza intoppi per una decina di minuti filati e – nella vita reale – riesco a sfangarla: 63/100, poco più del minimo sindacale, e dire che non sono stato nemmeno tra i peggiori della mia sezione, la “H”, che ne ha bocciati due e sfornato 60 col pallottoliere. Che forti! Allora avrei pagato perché l’anno scolastico venisse interrotto a febbraio per non ricominciare più. In realtà sarebbe bastato anche solo un mese per rimettermi in pari. Una bufera di neve, un’invasione di cavallette, l’arrivo dei marziani: qualsiasi cosa pur di non tornare sui banchi. Mi calo nei panni di voi studenti d’oggi (di ogni età), tutti promossi col “6 politico”, e mi immedesimo. Anch’io esulterei. Fine dello stress, zero problemi, solo social e playstation, in attesa dell’estate. In malora la maturità! E però, col senno di poi, benedico quei tempi fatti di preoccupazioni, interrogazioni a sorpresa, pianti isterici. Insegnano ad affrontare i problemi, a gestire la tensione, a tirare fuori il meglio di sé, o almeno a provarci. Il vuoto di questi 4 mesi di scuola persi a causa del Coronavirus non lo colmeranno le lezioni online tantomeno le videochat tra compagni. Le risate, gli scherzi, la gioia del sabato alle ore 13 (tana libera tutti), cari ragazzi, non ve li ridarà indietro nessuno. Le gite, gli amori sbocciati tra i banchi, l’entusiasmo per un 7 in latino guadagnato con ore di studio, la notte prima degli esami, le vacanze e l’immensa sensazione di libertà. Non è colpa vostra, certo, ma di questo maledetto virus. La maturità, ridotta ai tempi del Covid-19 a un colloquio pro forma, sarà un qualcosa di anonimo che l’indomani non ricorderete più. L’anno prossimo, forse, tornerà tutto come prima. La versione di Plutarco, l’orale col plotone d’esecuzione schierato. Le lezioni, dalle elementari alle superiori, speriamo che volgano alla normalità. Magari meglio di prima. Che i bambini si sbuccino le ginocchia alla ricreazione e i liceali si imboschino nei bagni per baciarsi. Che la scuola torni a essere scuola perché così, parola di un “vecchio” collezionista di 6-, vi state perdendo il meglio.
Alessandro Gonzato