Dopo il primo, pericoloso attraversamento dello stretto che verrà chiamato “di Magellano”, finalmente le navi sbarcarono il 17 marzo 1521 sulle isole Filippine (chiamate così solo nel 1543 in onore di Filippo II), originariamente “Isole di S. Lazzaro” in quanto la data coincideva con la quinta domenica di Quaresima, la cui lettura evangelica era dedicata proprio alla resurrezione di Lazzaro. Sulla piccola isola di Mactan, un’insurrezione indigena causò la morte di alcuni uomini e di Magellano stesso; e in un’ulteriore imboscata in maggio, forse appoggiata da una fazione dello stesso equipaggio, trovarono la morte altri marinai. Pigafetta sopravvisse perché casualmente non era presente, ma riporta il tradimento di Enrique, che, dopo i disordini che aveva sostenuto attivamente, fu nominato nuovo capitano. Nel frattempo, le disastrose perdite tra l’equipaggio, ormai decimato, non consentivano più il corretto mantenimento di tutte le navi: fu così che la Concepción fu data alle fiamme presso l’isola di Cebu.
I superstiti giunsero in autunno a Tidore, nelle Molucche, dove si rifornirono abbondantemente di spezie e riso; sembra difficile per noi immaginare una simile impresa, con enormi costi umani – tanto tanto che Pigafetta, scoraggiato dalle difficoltà, scrisse «non si farà mai più tal viaggio», e la citazione ha ispirato l’attuale mostra a Vicenza dedicata alla sua figura –, allo scopo di importare pepe, cannella, zenzero… Eppure le spezie rappresentavano un bene di lusso pregiatissimo in una cucina europea che ancora non si era impossessata di caffè, zucchero, pomodoro o cioccolata; le spezie quindi potevano insaporire i cibi e contribuire a una migliore conservazione.
Se la Trinidad dovette fermarsi a causa di una grande falla che richiedeva mesi per la riparazione, la Victoria proseguì la sua spedizione, carica di 550 quintali di noce moscata e chiodi di garofano, sufficienti a ripagare tutto il viaggio. Attraversò il Capo di Buona Speranza e proseguì verso nord in una corsa contro il tempo, nella fretta di non finire le scorte di cibo e acqua e al contempo di non doversi fermare troppo a lungo sulle coste africane, controllate dai rivali portoghesi; nella precarietà della situazione ancora alcuni marinai morirono di stenti o furono fatti prigionieri.
Alla fine un totale di 18 uomini sull’unica nave superstite sbarcò a Siviglia il 6 settembre 1522: si era concluso il primo viaggio attorno al mondo, con la conferma che la Terra fosse circumnavigabile, sebbene di dimensioni molto più grandi delle previsioni. L’esplorazione delle terre esotiche, fedelmente riportata da Pigafetta, rivelò agli occhi europei “Una specie di paradiso”: ed è questo il titolo di un bel libro scritto da F. Giliberto e F. Piovan, che racconta la storia in una forma romanzata e contemporanea, seguendo però da vicino l’opera originale di uno straordinario scrittore di viaggio ante litteram che ha appassionato tra gli altri Tasso, Shakespeare e García Márquez.
Effe Emme