Poco più di un anno fa Federico Sboarina e Matteo Gasparato (quest’ultimo naturalmente col placet del consigliere regionale Stefano Casali) avevano unito le rispettive liste civiche, “Battiti” e “Verona Domani”, per dare vita al cartello elettorale che prese il 13.6 per cento. L’unione è stata decisiva per la vittoria. Oggi la stessa unione, composta da sensibilità diverse, sta provocando dei movimenti tellurici sotto Palazzo Barbieri. E se le crepe sui muri al momento sono appena percettibili, non è affatto detto che sarà così anche nei prossimi mesi. Come avevamo anticipato, la scelta del sindaco di affidare la presidenza di Amia a Matteo Gelmetti (manca solo l’ufficialità), suo autista in campagna elettorale e molto vicino al primo cittadino, ha fatto andare su tutte le furie Gasparato e Casali. I quali com’è noto puntavano su un loro uomo, Bruno Tacchella, e questo pare che rientrasse negli accordi elettorali. E invece le cose sono andate diversamente. Sboarina e Gasparato in questi giorni si sono visti e sentiti per tentare di trovare una mediazione, un compromesso nel quale possano rientrare anche nomine in altri enti come Agsm Energia e Megareti, le consorelle della holding. La matassa però è lontana dall’essere sbrogliata. Le nomine dei nuovi presidenti continuano a slittare perché nella maggioranza non si trova la quadra. Il caos riguarda anche la Lega (arriva la notizia della nomina di Enrico Corsi alla presidenza dell’Ater), alle prese con l’espulsione dal partito di Mauro Bonato – che però per ora continua a essere capogruppo del Carroccio in Consiglio comunale – e con il severo richiamo che i vertici del partito hanno riservato agli altri consiglieri anti-comenciniani, ossia Roberto Simeoni, Thomas Laperna e Laura Bocchi. I tre, rei di aver tramato alle spalle del giovane parlamentare vicinissimo al ministro Lorenzo Fontana, non sono stati cacciati a loro volta dal partito solo perché ciò avrebbe messo a serio rischio la tenuta della giunta comunale. La maggioranza che oggi sostiene il sindaco conta 25 consiglieri, compresa Anna Leso, ufficialmente nel gruppo misto ma di fatto col sindaco. Se a questi tiriamo via i 3 uomini di Gasparato (Massimo Paci, Marco Zandomeneghi, Paolo Rossi) e i quattro leghisti dissidenti, si arriva a 18. Per riunire il Consiglio comunale ne servono 19, e quindi si capisce che basterebbe un semplice raffreddore o un mal di pancia per far cadere l’amministrazione e andare a nuove elezioni. Ed è questo che in gran segreto, ma poi neanche troppo, sperano gli uomini non allineati a Sboarina.