Il difensore tedesco segnò l’1-1 all’Italia ai Mondiali del Messico. Poi finì 4-3 per noi, la “partita del secolo”
Guarda chi c’è a Verona. Hai presente Karl Heinz Schnellinger? Sì, proprio lui, il tedesco che segnò l’1-1 al 90’di Italia-Germania, la “partita del secolo”, finì 4-3 per gli azzurri dopo i tempi supplementari. Esattamente. 49 anni fa, il 17 giugno, Mondiali di Mexico 70. Il “vecchio” Karl è stato ospite di “Palla lunga e raccontare”,con l’amico Lodetti, con Bobo Bonin – segna e Alberto Cerruti, storico de “La Gazzetta dello Sport”. Schnellinger vive a Milano, dove s’è fermato dopo la sua bella storia di campione. Umile, schivo, ironico quanto basta per dire “…io, quel gol, l’ho segnato per caso. Non so neanche perchè mi trovassi lì…”. Già, che ci faceva Karl Heinz Schnellinger, nell’area azzurra? Lui, difensore tutto d’un pezzo, di quelli che una volta non passavano mai la metà campo, “…nel Milan, appena appena avanzavo di dieci metri, Rocco urlava come un matto. “Ciò, Mona, ‘do te vè?”. Dunque, che ci faceva Karl Heinz Schnellinger, davanti ad Albertosi? Il suo racconto è bellissimo. “La partita era quasi finita, anzi, era finita. Avevo guardato l’orologio dello stadio e avevo visto che mancavano pochi secondi alla fine. Io ero andato avanti, per un calcio d’angolo, “mi son detto, proviamo, tanto, non c’è niente da perdere”. Battuto il calcio d’angolo, palla respinta, altri miei compagni erano tornati, io son rimasto lì, “adesso fischia la fine”, ho pensato. E siccome anche gli spogliatoi erano da quella parte, pensai che fosse meglio restar lì, così non avrei dovuto attraversare tutto il campo, per farmi la doccia. Così, rimasi lì, senza sapere perchè…”. Intanto l’azione riprende. “Vedo un mio compagno, Grabowski, che prova un dribbling sulla sinistra. Poi prova un cross, lo vedo arrivare, proprio dove sono io. Non c’è nessuno che mi controlla, perchè nessuno s’aspettava che fossi lì. Io mi allungo in spaccata, riesco a deviarla col destro e Albertosi non può arrivarci. E’il gol dell’1-1, finisco sotto un mucchio di compagni impazziti, io, che di gol non ne avevo mai segnati e non ne segnerò più…” Poi arriveranno i supplementari, la mezz’ora probabilmente più bella della storia del calcio. Girandola di gol, fino al 3-3 di Gerd Muller. Palla al centro, Facchetti la gira a Boninsegna, che ha ancora fiato, scappa via sulla sinistra, entra in area… “…io penso – sospira Karl Heinz, guerriero tutto d’un pezzo – che l’errore sia stato quello di far arrivare Boninsegna fino in area…”. Lui non l’avrebbe fatto. Sorride. “Io sarei entrato in scivolata, era una mia specialità. Dicevano che fossi un duro, ma non ho mai fatto male a nessuno, con le mie scivolate. Certo, prendevo palla e, qualche volta, anche le gambe, ma è gioco del calcio, non play station…”. Lui, tedesco tutto d’un pezzo, fermatosi a Milano per sempre. “Il Milan, quel Milan, è stato la parte più importante della mia vita. Grande gruppo, grande allenatore, paron Rocco…Col Milan ha vinto tutto, con la Germania quasi, è stato un grandissimo, ma non ha mai perso il senso della misura. Un gigante in campo, uomo serio fuori. Così lo ricordano a Mantova, dove arrivò all’inizio della sua storia italiana. “Mantova, poi la Roma, fino al Milan”. Fino alla leggenda. Perchè Schnellinger è leggenda.