Nell’ultimo referendum, la scheda è verde. Il quesito si propone di incidere sulle norme in materia di elezione dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura.
A parte i tre membri di diritto (presidente della Repubblica, primo presidente e procuratore generale della Cassazione), gli altri componenti vengono eletti ogni quattro anni, che siano togati (ossia provenienti dalla magistratura e votati dalla stessa) o laici (esperti di diritto, votati dal Parlamento). Attualmente, per candidarsi al Csm, un magistrato deve depositare una lista di almeno 25 firme di colleghi.
Una eventuale vittoria del sì cancellerebbe la raccolta di firme e riporterebbe in vigore la normativa del 1958, secondo la quale qualunque magistrato può autonomamente e liberamente candidarsi. Ciò, affermano i proponenti, indebolirebbe il potere delle cosiddette “correnti”, i gruppi con orientamento politico. Ma i sostenitori del no ritengono che la cancellazione delle firme di lista abbia una valenza limitata contro le degenerazioni del correntismo, mentre l’articolo 33 dell’attuale riforma del Csm, contenuta nel pacchetto Cartabia, potrebbe avere un’incisività ben maggiore.