Non era semplice scontentare tutti, ma il premier Conte, con l’ultimo decreto, è riuscito nell’impresa. A prescindere dalle simpatie o antipatie politiche è un profluvio di proteste. Ai cittadini sono state nuovamente negate le libertà personali ed esimi giuristi, non certo questo giornale, stanno parlando apertamente di provvedimenti incostituzionali. Le categorie produttive sono in ginocchio. Alcune, ad onor del vero, non si sono mai fermate, quelle di prima necessità, e sarebbe stato folle il contrario. Alcuni imprenditori in base ai codici Ateco e al silenzio-assenso delle prefetture si sono fatti il segno della croce che le sanzioni sono sempre in agguato, e hanno cominciato a produrre seppur a scartamento ridotto. Altri, finalmente, torneranno all’opera lunedì. Altri ancora però dovranno aspettare un altro mese, come parrucchieri ed estetisti: non riapriranno il primo giugno, come indicato dal governo che evidentemente non sa che tale data ricade di lunedì ed è il giorno di chiusura di queste attività, che non ripartiranno nemmeno il 2, dato che è festa, si fa per dire. Riprenderanno, forse, il 3. Partiamo proprio da questa categoria, che anche nella nostra provincia è sul piede di guerra.
Parrucchieri, estetisti, e tutti i servizi alla persona stavano per scendere in piazza sabato scorso. Era già tutto pronto, il tam tam sui telefonini era stato frenetico e l’appuntamento era per le 18 in Bra. Poi il senso di responsabilità e la paura delle multe li ha fatti desistere. La posizione di Confartigianato Imprese Verona, presieduta da Roberto Iraci Sareri, è netta: “La decisione del governo inaccettabile e incomprensibile. Abbiamo presentato proposte dettagliate su come tornare a svolgere l’attività, pur a scapito di parte dei fatturati, ma non c’è stata data risposta”. La stragrande maggioranza dei saloni veronesi permettono di evitare assembramenti, i negozi assicurano che lavoreranno solo su prenotazione, gli strumenti da lavoro da anni ormai hanno l’obbligo di essere sterilizzati a ogni utilizzo. Certo, la distanza di un metro dai clienti sarà impossibile da tenere, ma con guanti e mascherine, sottolineano, il rischio contagio è ridotto al minimo, “e comunque” sostengono i titolari delle botteghe “tra un mese il virus continuerà a circolare, non sparirà di certo”.
I ristoratori e i baristi di Verona, rappresentati dal presidente di Confcommercio Paolo Arena, stanno studiando l’aumento degli spazi esterni, ossia dei plateatici, per tentare di salvare il salvabile. Per il Comune è al lavoro l’assessore al Commercio Nicolò Zavarise. Tra le 300 mila imprese italiane che hanno sottoscritto la petizione per poter riaprire, con tutte le misure di sicurezza, ci sono centinaia di imprenditori scaligeri. Le richieste principali avanzate all’esecutivo sono la concessione di finanziamenti a fondo perduto, al pari delle partite Iva (le quali però hanno ricevuto la miseria di 600 euro) e l’annullamento degli acconti Irpef e Iva previsti per giugno e dicembre. Alcuni esercenti, con tragico realismo, hanno già fatto sapere che non riusciranno più ad alzare le saracinesche. Altri tenteranno l’impresa. Il problema riguarda tanto il centro, dove il Liston e piazza Erbe rischiano di rimanere deserti ancora per mesi, quanto i quartieri. “L’apertura scaglionata delle attività” commenta con amarezza Giuseppe Riello, presidente della Camera di Commercio di Verona “rischia di metter in ginocchio interi comparti: artigianato, commercio al dettaglio, ristorazione, servizi alla persona, turismo”. Già: il turismo rischia di morire. Gli albergatori hanno visto andare in fumo la Pasqua e l’estate si preannuncia un nuovo enorme problema. Quelli del Garda, capeggiati da Ivan De Beni, dopo il 18 maggio (“Quando potremo di nuovo spostarci”, dice) andranno a Roma per consegnare simbolicamente le chiavi in segno di protesta al presidente della Repubblica. I titolari degli hotel erano convinti che il 18 maggio potesse davvero cominciare la “fase 2” che avrebbe consentito di prendere le misure per l’estate, se non per giugno almeno per luglio e settembre. E invece, ad ora, non conoscono nemmeno le regole per la ripresa, quando avverrà, delle attività. Gli operatori del Garda poi non sanno neppure se dovranno fare a meno della prima fonte di guadagno, ovvero il turismo straniero (tedesco, austriaco, olandese, russo).
Anche il comparto dei trasporti vive l’incubo dell’incertezza. Tralasciando per il momento aerei e treni, che non potremo prendere ancora per diverse settimane, a Verona Atv lancia l’allarme e per bocca del suo più alto rappresentante, Massimo Bettarello, ammette l’impossibilità di mantenere le distanze di sicurezza sugli autobus: la capacità dei mezzi, sostiene, verrebbe ridotta del 75%. Inoltre vi sarebbero enormi difficoltà per garantire la sicurezza dei conducenti. Il nuovo piano di Atv prevede un implemento delle corse sia urbane che extra, ma i conti rischiano di saltare per aria. L’emergenza Covid è drammaticamente ingigantita dall’improvvisazione del governo. A Verona, come in tutta Italia, il rischio di un’esplosione delle tensioni sociali è purtroppo molto alto.
A.G.