“La musica ci insegna la cosa più importante che esista: ascoltare”
Ezio Bosso
L’incipit di questo pezzo riprende un brano di fine anni ‘90 di Max Gazzè, anche se la musica accompagna la nostra esistenza sicuramente da ben prima che ne potesse rimanere una traccia storica. La musica è legata a fattori insiti all’uomo e il suo legame con la psicologia è facilmente intuibile. Il connubio di note e parole si traduce in una specifica forma di comunicazione, riprendendo il primo assioma di Paul Watzlawick “è impossibile non comunicare”; possiamo, pertanto, affermare che la musica è a sua volta una forma di comunicazione che veicola in particolare emozioni.
Il modello psicosemiotico della musica individua nelle note e nei suoni delle unità minime, paragonabili ai fonemi e ha descritto una sintassi per il linguaggio musicale.
Il potere della musica in psicologia nasce probabilmente dall’aspetto poco categoriale del suo linguaggio che la rende facilmente accessibile al sistema inconscio e la conseguenza è il coinvolgimento psicofisico. Quando le onde sonore ci raggiungono, il nostro corpo vi risponde. I battiti cardiaci ad esempio si sincronizzano con il ritmo che ascoltiamo: è dimostrato infatti che il cuore accelera con onde rapide, mentre rallenta con un ritmo lento. Diversi studi realizzati al Massachusetts General Hospital e in alcuni Ospedali di Hong Kong affermano che le persone che ascoltano musica, ogni giorno per 20 o 30 minuti, hanno la pressione arteriosa più bassa rispetto a quelle che non hanno questa abitudine.
Quando il nostro tono dell’umore è positivo e ci sentiamo felici, siamo propensi a ricercare musica movimentata e positiva. Il subconscio ci porta verso una tale scelta senza razionalizzarla. Ascoltare questo tipo di musica ci permetterà di mantenere, o addirittura di aumentare, le sensazioni positive che già proviamo.
Quando il nostro tono dell’umore è deflesso e ci sentiamo tristi, la cosa migliore da fare sarebbe quella di ascoltare musica positiva al fine di sentirci meglio, tuttavia, spesso ricerchiamo invece brani tristi e negativi. Tendenzialmente in questi casi ci lasciamo trasportare dal nostro subconscio e la mente quindi va alla ricerca di una melodia che sia in sintonia con il proprio stato d’animo.
Ma anche in questo caso la musica può esserci di aiuto: secondo un gruppo di ricercatori della Tokio University of the Arts e il RIKEN Brain Science Institute, la tristezza comunicata tramite la musica sarebbe meno minacciosa di quella percepita realmente e quindi il suo ascolto aiuterebbe comunque a gestire le emozioni negative in modo indiretto.
A differenza della tristezza provocata dalla vita quotidiana, quindi, quella proveniente direttamente dai suoni viene vissuta dal nostro cervello come gradevole. La psicologia della musica è una branca della psicologia applicata che studia l’evento musicale nei suoi aspetti neuro e psicoterapici, con l’intento di esplorare le reazioni e i comportamenti dei pazienti durante l’ascolto di un brano musicale; il processo creativo alla base della produzione musicale e la relazione tra il simbolismo al quale la musica rimanda è l’elemento emotivo.
*psicologa e psicoterapeuta