Renato e Samantha definiscono il loro successo inaspettato, quasi casuale. Ma la menzione di Saporè sui Foodies di Gambero Rosso e del Golosario di Paolo Massobrio, non sembrano affatto risultati fortuiti. Testimoniano, anzi, di un ampio riconoscimento delle loro attività che deriva da ricerca costante, dinamismo e attenzione per il cliente
Renato, come si è avvicinato al mondo della ristorazione?
Il mio percorso è iniziato per caso. Ho iniziato fare il cameriere a quindici anni alla storica “Pizzeria Roma” di San Martino Buon Albergo, ed è stato il classico colpo di fulmine: ho capito subito che la ristorazione sarebbe stata la mia strada. E così è stato, in particolare in direzione dell’arte bianca. In seguito ho conosciuto Samantha con la quale ho in comune l’amore per tutto quello che è il mondo “food”: nemmeno lei ha frequentato l’alberghiero, ma ha preparato i primi caffè al bar di fronte casa sua (che attualmente gestisce) quando aveva sei anni, e a 10 ha cominciato a cucinare; le è sempre piaciuto riunire molte persone attorno alla tavola e preparare loro da mangiare. E infatti assieme, nel 2006, ho aperto Pizzadarè e, nel 2009, Saporè.
Perché proprio la pizza?
La pizza ha in sé un concetto che mi caratterizza, cioè la lievitazione, la crescita, cosa che mi ha fatto subito innamorare. Mi sento molto legato alla materia prima, all’acqua, al grano, al lievito. Posso dire che la pizza è stato un punto di partenza dal quale poi mi sono spinto per indagare arti affini come la panificazione e la pasticceria. Attualmente vengo riconosciuto come uno dei maggiori esperti lievitisti in Italia… Lo dico sempre con un po’ di “sano imbarazzo”, perché rivedo in un attimo tutto il mio percorso fino ad oggi, la strada, lo studio…
Come si è sviluppato il progetto Saporè?
Attualmente ci sono due punti Saporè in centro a Verona, uno a Prato, uno a Milano in Galleria Vittorio Emanuele, uno collocato all’interno dell’outlet Vicolungo in provincia di Novara… e in vista ci sono nuove aperture. Saporè è un format che è cresciuto e muta e si adatta a seconda della “piazza” dove viene collocato.
Ma “il cuore” del mio lavoro rimane nella sede storica di San Martino. Il vecchio “takeaway” si è ampliato diventando un vero e proprio BAKERY proponendo colazioni, differenti tipologie di pane, diverse tipologie di pizza e poi biscotti, torte… Invece quella che era la sala degustazione – attigua al negozio d’asporto – è diventata “Renato Bosco PIZZERIA” e si è spostata nella piazza del paese.
Nel tempo, non sono mancati i riconoscimenti…
Dal 2015 sono Ambasciatore della Cucina Italiana nel mondo, un ruolo che mi ha onorato, ma soprattutto un impegno costante nella volontà, condivisa da altri Chef come Cristina Bowerman, nostra presidente, di portare il nostro contributo non solo alla visibilità della cucina italiana nel mondo, ma anche in progetti di formazione nelle nostre scuole alberghiere.
La formazione è un altro ambito che ti vede impegnato.
Sì, il mio progetto di formazione si chiama Renato Bosco e il SignorLievito®, comprende corsi rivolti sia ai professionisti che a chi si diletta a mettere le mani in pasta e lo fa a livello casalingo, con soddisfazione da qualche anno insegno anche in Alma e sto sviluppando per il 2020 un progetto di formazione con l’Università di Bari (IULM).
Qual è il vostro prossimo progetto?
Nel cassetto c’è sempre il sogno di trovare un posto dove realizzare alcune camere. Abbiamo in mente una specie di Bed and Breakfast, un ambiente a livello familiare ma di una certa ricercatezza, con un certo stile. Vorremmo offrire a chi ha bisogno di staccare la spina un rilassante rifugio dalla vita frenetica e la possibilità di allenare i sensi attraverso un percorso gastronomico dalla colazione alla cena.
Emanuele Delmiglio