Salvini liquida Zaia e la Lega in rivolta prepara il rinculo. E se arrivasse Meloni a salvare Zaia? Dopo che Salvini ha dato il benservito al governatore Zaia (il più gradito in Italia) esplodono i malumori nella base: “Solo un flop alle Europee ci salverà”. Le strategie: astensione, votare un alleato, non votare i candidati del segretario. La Meloni andrà in aiuto di Luca?

MATTEO SALVINI MINISTRO, LUCA ZAIA PRESIDENTE REGIONE VENETO

di Maurizio Battista

La fotografia della Lega nel Veneto, oggi? Fuori Zaia, dentro Vannacci.
E il ventre leghista ribolle.
Malumori, mal di pancia, propositi di gesti clamorosi contro il segretario Salvini, la voglia di riprendere l’orgoglio veneto, quello che fu della Liga e dei Serenissimi e via di questo passo.
Tra i leghisti veneti l’ultima frase di Salvini, che molti ormai nelle loro chat hanno ribattezzato “il cretino”, è stata la goccia in più. Il vaso era colmo dopo il flop della Sardegna, il sorpasso di Forza Italia, l’autonomia che non arriva e la candidatura del “generale al contrario”. E ha traboccato.
Quando Salvini durante l’adunata degli alpini a Vicenza, quindi nel territorio di Zaia, lo Zaiastan, ha detto che ha già altri 10 nomi per il dopo Zaia è scoppiata la rivolta. Perché quella frase è risuonata come un affronto diretto, uno schiaffo in faccia: non che ci fossero ancora illusioni per il terzo mandato, ma dire che hai già altri nomi per il dopo Zaia significa liquidare il governatore proprio quando sei a casa sua, nel suo Veneto.
E comunque il dopo Zaia comincerà se va bene nel 2025, forse anche nel 2026. Quindi c’è tempo. E ci sono altre elezioni in mezzo, prime fra tutte quelle per l’Europa.
E per ora si fa fatica a vedere, ma si vedrà molto bene nelle urne il prossimo 8 e 9 giugno l’effetto di quella frase.
Per dirla in gergo militaresco, che ora tanto piace a Salvini che invoca il ritorno della naja, quell’effetto si chiama rinculo.
Perché i primi a non votare Lega saranno proprio i leghisti. “Solo un flop elettorale ci salverà”, dicono paradossalmente. Un flop elettorale alle Europee sembra oggi l’unico modo per liquidare il segretario nazionale. Parlando tra i militanti e gli amministratori pubblici, tre sono le opzioni di voto che i leghisti stanno decidendo con il passaparola.

E se arrivasse la Meloni a salvare Zaia?

Prima opzione: una parte di leghisti non andrà a votare e basta.Seconda opzione: si va a votare ma non si mette la croce sulla lega bensì si sceglie un altro partito.
Terza opzione: si vota Lega ma si dà la preferenza ai candidati non salviniani o addirittura in rotta con il segretario.
I candidati cari a Salvini non si votano. Punto.
Questo è il clima che si respira nella “pancia” della balena leghista veneta. Perché l’uscita improvvida di Salvini ha reso evidente, plateale, non più smentibile, la ruggine tra i due: “finchè un governatore è operativo, sta lavorando, deve concludere il suo mandato, non può ricevere un’entrata a gamba tesa soprattutto da un suo compagno di squadra”, spiega un leghista di lungo corso.
Un malumore che è esploso dopo che già la candidatura Vannacci aveva sollevato critiche e polemiche: “Ci fa solo perdere voti, non lo possiamo accettare tra noi”, dice un altro esponente leghista di alto livello amministrativo. E conferma quanto già detto da Zaia: “Non lo voterò perché voto i candidati veneti”. E dopo queste parole il solco con Salvini si era ulteriormente allargato.
Bene, ma se la Lega alle Europee raccoglierà meno del previsto, non arriverà alla doppia cifra dopo che 5 anni fa aveva toccato il 34% e scivolerà dietro anche a Forza Italia cosa accadrà? “Ci sarà il fuggi fuggi”, prevedono i leghisti. Certo, Flavio Tosi, coordinatore veneto di Forza Italia che ha dato vita anche a Forza Nord e strizza l’occhio agli scontenti della Lega, sta preparando sedie e viveri per accogliere la grande ondata, ma poi? “Comincerà il maremoto. Cercheranno di convincerci che la Lega avrà il candidato presidente della coalizione, che ci sarà posto per tutti e così via, tanto per tenerci buoni. Ma non sarà così”.
Benissimo, allora a questo punto la speranza dei leghisti veneti è che Zaia faccia una sua lista mettendo candidato presidente un fedelissimo per ripresentarsi: possibile?
Ci credono in pochi. “Zaia non ha nè la voglia nè gli attributi per spaccare il sistema”, dicono in molti leghisti. Del resto, avrebbe potuto prendere in mano il partito qualche anno fa quando aveva il vento in poppa e il plebiscito di (quasi) tutto il Veneto. Ma non è mai andato allo scontro. Non ha mai preso iniziative politiche per il partito.
Una sua lista in contrapposizione con la coalizione del centrodestra spaccherebbe tutti gli equilibri, fanno notare i suoi collaboratori. A livello locale la Lega non ha più struttura: su chi si appoggerebbe?
E c’è chi prevede. “Che cosa farà Zaia dopo il voto delle Europee? Proprio nulla”. Arriveranno i “bossiani” a rilanciare la vecchia Lega? Non ci crede nessuno: non si vedono proprio, non pervenuti.
E allora quali saranno le vie d’uscita per Zaia? Nessuno crede che farà il Cincinnato. Ma come e dove cercherà una ricollocazione? “Guardate che Zaia ha un rapporto migliore con la Meloni che con Salvini”. Quindi vuol dire che il governatore potrebbe ritrovarsi con un incarico di Governo? “Vedremo, ma sarà la Meloni a salvare Zaia”.

E spunta il sondaggio Swg: Zaia è il governatore più gradito: 70%

E per tutta risposta a Salvini e al suo benservito dato al governatore del veneto, arriva il sondaggio Swg che con un tempismo perfetto stila la classifica dei presidenti di Regione più amati: primo posto, neanche a dirlo, per Luca Zaia.
E’ il governatore del Veneto Luca Zaia (Lega), con il 70 per cento dei consensi, il presidente di
Regione più gradito, scrive infatti l’Ansa. E’ quanto emerge da una rilevazione Swg, effettuata su un campione di 11.589 maggiorenni nel periodo 21 febbraio -26 aprile.
Il consenso del governatore è praticamente inalterato rispetto alla sua elezione quando stravinse le Regionali surclassando anche la Lega grazie alla sua lista. Zaia resta stabile al primo posto, guadagnando addirittura un punto percentuale rispetto allo scorso anno. Nel ranking dell’operato dei presidenti di Regione seguono Massimiliano Fedriga del Friuli Venezia Giulia (Lega) con il 64% e Stefano Bonaccini presidente dell’Emilia Romagna (Pd -centrosinistra) con il 62%.
Con il 56 per cento dei consensi il presidente della Campania Vincenzo De Luca (Pd-centrosinistra) ottiene il quarto posto guadagnando sette punti percentuali rispetto al 2023.
Fanalino di coda il governatore della Sicilia, Roberto Schifani (Forza Italia) con il 27 per cento dei consensi (guadagnando un punto rispetto al 2023), preceduto da Francesco Rocca, presidente del Lazio (Fratelli d’Italia) con il 29 per cento: un punto percentuale in meno rispetto allo scorso anno.
E’ ovvio che con un consenso così ampio sia un problema per Salvini sostituire Zaia. Ed è anche molto difficile per gli alleati come Fratelli d’Italia e Forza Italia pensare di candidare un nome che possa riscuotere tanto successo. in assenza di Zaia nella competizione, la partita diventa apertissima anche con il centrosinistra che non ha ancora un nome.
Ma Salvini assicura, forse per tenere buoni i suoi perché neppure lui ci crede, che la Lega riuscirà a conservare ancora la presidenza della Regione. Ma con chi? Quali sono i dieci nomi che assicura di avere già in tasca dai quali pescare il jolly?
Proviamo a vedere. potrebbe esserci il veronese Luca Coletto, oggi assessore in Umbria, oppure il trevigiano Mario Conte, considerato il delfino di Zaia. Si fa anche il nome della vicentina Erika Stefani che ha seguito il percorso dell’autonomia differenziata, oppure la vicepresidente attuale Elisa De Berti, assessore alle Infrastrutture e quindi in dialogo diretto con Salvini.. Un altro nome possibile è quello di Alberto Stefani, segretario regionale del Carroccio. Tra i fedelissimi salviniani troviamo Massimo Bitonci, sottosegretario al Ministero delle Imprese del Made in Italy e poi pure Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia. Vedremo…