Un campo, una storia. un campo da leggenda, tra le case del borgo, lì, poco fuori San Massimo, a due passi da Lugagnano. Il campo di due scudetti, fine anni ‘60, quando arrivavano in duemila, tremila, per applaudire Tore Biasi e i suoi fratelli, sfide epiche da tramandare adesso con un soffio di nostalgia.
Il campo è rimasto a lungo vuoto, dopo gli anni d’oro e il lento, inevitabile declino. Finita l’era dei Biasi, pagato il doveroso tributo a una società che cambia, c’è stato un momento in cui s’è temuto il peggio. Ma quel campo ha resistito. Quel campo è rimasto lì, in attesa di risentire il suono della pallina. Di rivedere gente. Di risentire voci. Di ricordare.
in attesa, soprattutto, che la leggenda riprendesse fiato. E allora, ecco di nuovo maglie biancocelesti. Di nuovo bambini col tamburello, come succedeva una volta, chè il calcio, “ai Salvi”, è sempre venuto dopo. Prima il tamburello, bambino mio, poi puoi pensare al calcio, se vuoi…
Sono nate così, le leggende. Giocatori che hanno segnato un’epoca, che hanno rinforzato squadre di tutta Italia. Renzo Tommasi, il povero Tezza, Perina, Mazzi, Cerpelloni, Meante, la dinastia dei Biasi e quanti altri ancora…E poi anche lui, Flavio Bertagnoli, detto “Bomba”, per quanto forte “tirava”… Anche lui scomparso troppo presto. A lui è dedicato il torneo diventato tradizione. Da lì, è scattata la scintilla. l’anno scorso, il Salvi ha sfiorato la serie B. “Ora ci riproviamo di sicuro” garantisce Luciano Zerbini, il presidente. Discobolo azzurro, a sua volta giocatore di tamburello, che “ai Salvi” c’è nato. “Ce la faremo”. “Ai Salvi” rivive la “corte dei miracoli”.