Rsa, migliaia di anziani in lista d’attesa Sono oltre 1.600 le famiglie che hanno presentato richiesta per i propri familiari. A Villafranca 227 domande, a Bussolengo 121, 120 a Peschiera, Pastrengo 99, Caprino 79. Il fondo con le risorse di Ulss 9 e Regione si conferma insufficiente

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Posizioni diverse. Ma lo stesso grido d’allarme.
Il sistema delle Rsa, le residenze sanitarie assistite, veneto e veronese è al collasso, economico e non solo.
Una crisi che si ripercuoterà sulle famiglie per un futuro che si annuncia a tinte fosche. La conferenza dei presidenti delle Ipab veronese punta l’indice sulle lista d’attesa.
Alcuni dati dimostrano la gravità della situazione. Per dare un’idea nella provincia di Verona l’ultimo dato è di circa 1600 famiglie che hanno richiesto l’accoglimento in casa di riposo e che stanno aspettando.
Nella Casa di Riposo di Villafranca le richieste sono 227, a Bussolengo 121, 120 a Peschiera, Pastrengo 99, Caprino 79, a Bardolino 74.
Tutti Comuni del distretto 4 che presenta le maggiori criticità. “Le famiglie – afferma la presidente della conferenza Manuela Tomasi – contattano quotidianamente gli Istituti per richiedere aiuto. L’accesso alle strutture è garantito per quegli anziani che nella Svama, valutazione di non autosufficienza, ottengono un punteggio pari o superiore a 60. Tutte le richieste di ingresso vengono inserite in una graduatoria unica, stilata in base ai punteggi della Svama”.
“La posizione utile in graduatoria -prosegue- garantisce l’accesso e l’impegnativa di residenzialità, quota versata dal Sistema Sanitario per l’assistenza agli anziani. Le impegnative sono fondamentali per le famiglie degli anziani ospiti poichè determinano il quasi dimezzamento delle quote mensili da versare alle case di riposo. Tali impegnative vengono finanziate dal Fondo di non autosufficienza. Il tempo di attesa per l’ingresso dipende quindi dal numero di impegnative emesse ed il numero dipende dalla consistenza del Fondo”.
La presidente Tomasi sottolinea come “a fronte di un esponenziale aumento delle richieste di ingresso da parte di Regione ed Ulss 9 si sostiene che il Fondo per la non autosufficienza si mantiene pari allo scorso anno pertanto non vi è stata diminuzione del numero di impegnative-posti assegnati”.
Risulta evidente, tuttavia, che il mantenimento del Fondo risulta insufficiente a coprire l’aumento delle richieste.

Una retta da privati costa oltre 3 mila euro, “Spesso mancano competenze sanitarie”

A Villafranca 227 richieste, a Bussolengo 121, 120 a Peschiera, Pastrengo 99, Caprino 79

“Come può – chiede retoricamente la presidente – il medesimo vaso, numero di posti e risorse, contenere una quantità esponenzialmente aumentata ed in continuo costante aumento con richieste di ingresso e difficoltà economiche dei cittadini e delle famiglie?”
Accade quindi che molte richieste si trovano ad essere escluse, anche con punteggi che dovrebbero garantire il diritto di accesso alle strutture e agli aiuti economici”.
Lo sfogo della Tomasi prosegue. “A ciò si aggiunge – continua – il fatto che le impegnative di residenzialità con conseguente assegnazione di posto convenzionato vengono assegnate da Ulss 9, con difficoltà e ritardi e spesso le strutture si ritrovano con posti letto vuoti, con conseguenti aggravi di spesa, nonostante le richieste in lista d’attesa”.
Ogni criticità che deriva da una gestione non tempestiva ed ogni eventuale ritardo nella loro emissione causa gravissimi problemi per tutte quelle famiglie che non hanno la possibilità di curare a casa i propri anziani, spesso per mancanza di competenze nella cura di patologie che necessitano di personale sanitario specializzato.
“Esiste, pertanto, un’unica altra soluzione per tutti quegli anziani che si ritrovano esclusi dalle graduatorie: richiedere l’ingresso con il pagamento della quota privata, mediamente oltre 3100 euro mensili, con un aggravio del bilancio familiare che tuttavia, nella maggior parte dei casi, non risulta in alcun modo affrontabile”.
“Ritardi e mancanza di fondi per le impegnative di residenzialità aprono inoltre una prospettiva critica per gli Istituti che, a seguito della grave crisi determinata dalla pandemia, dell’aumento dei costi dei servizi, delle materie prime ed energetici non riescono a far fronte ai costi di gestione, con il rischio di collasso e chiusura delle strutture stesse”.
Posizione drastica quella delle Ipab veronesi. Più “morbida” ma ugualmente significativa quella dell’Uripa, unione regionale istituzioni e iniziative pubbliche e private per l’assistenza agli anziani, che ha tenuto la propria assemblea provinciale a Isola della Scala.
Nella sua relazione annuale il presidente Roberto Volpe ha esposto le proiezioni demografiche di un Veneto che invecchia e dove, a fronte degli attuali 370.500 anziani ultra ottantenni di oggi, nel 2050 ci sarà quasi un raddoppio: 640.000. “Tutti parlano di anziani e di attenzione agli anziani – ha detto Volpe – ma nessuno sembra voler vedere che in questi numeri si nasconde la crescita della quantità di persone anziane non-autosufficienti. Aumentano i grandi anziani e aumenta il numero delle persone non più in grado di far fronte alla vita quotidiana senza aiuto e supporto”.

Ogni anno 2mila ultra90enni in più

Volpe, Uripa: “E nel 2050 gli ultra 80enni saranno raddoppiati rispetto ad oggi: 640 mila”

“Solo in Veneto si contano 2.000 ultra 90enni in più ogni anno’.
Una tempesta perfetta, l’ha definita il presidente Volpe, in “un Veneto che invecchia ancor più velocemente del Paese Italia, carenza di personale socio sanitario e medico per effetto del quale numerose strutture, a fronte di una domanda in crescita esponenziale, sono costretti a tenere chiusi interi reparti con costi in crescita costante. Un anziano non autosufficiente non assistibile a domicilio, che non può essere accolto in una rsa, sconvolge la vita della sua famiglia”. Volpe ha quindi affrontato i temi caldi di questi giorni rispetto al rischio degli aumenti che si prospettano per le rette del 2024 chiarendo con inequivocabile fermezza che non vi è nessuna polemica personale con la Regione ma un confronto franco su questo tema.
“Per primi nel 2022 ci siamo schierati a favore dell’ipotesi di introdurre l’addizionale Irpef, prevedendo di destinare una parte di essa ad un preciso scopo, così da poter contare su risorse aggiuntive ed è ovvio che a fronte della chiusura di questa ipotesi, come dichiarato a settembre dal presidente Luca Zaia e vedendo che la previsione di bilancio regionale per l’esercizio 2024 non prevede un euro aggiuntivo rispetto al 2023, era doveroso rappresentare in sede di consultazione con la V Commissione del Consiglio Regionale tutte le perplessità del caso.” Volpe nel suo intervento ha precisato che in quella occasione è stata illustrata ai Consiglieri regionali “la richiesta, già fatta a settembre al Presidente Zaia, di 100 milioni di cui il 51 da destinare all’aumento di 2.700 nuove quote sanitarie e la differenza volta a ristorare il peso economico dei carichi di lavoro, considerata la gravità degli ospiti che oggi accogliamo e assistiamo.”
“Abbiamo semplicemente chiesto – aggiunge Volpe – che se l’orientamento politico della Regione è quello di non poter disporre di somme aggiuntive al Fondo per la non autosufficienza è un dovere della politica dirlo con chiarezza”.
Sarà anche chiesto a tutti i sindaci del Veneto di ribattezzare gli assessorati ai servizi sociali ampliandone la dicitura in Assessorato ai servizi sociali e alle persone anziane non autosufficienti.

Mauro Baroncini