Analizzare l’alluvione dell’Emilia Romagna per approfondirne le cause, valutare le azioni di messa in sicurezza, riflettere sul rischio idraulico in Veneto. È stato questo l’obiettivo del convegno “Rischio idraulico, Veneto in sicurezza?” organizzato a Marghera dalla Federazione degli Ordini degli Ingegneri del Veneto e dall’Ordine degli Ingegneri della Città Metropolitana di Venezia. Oltre un centinaio gli ingegneri presenti da tutto il Veneto, segno dell’attualità di un tema sfidante che interessa direttamente anche il territorio regionale. Lo ha dimostrato Vaia e lo ha confermato l’alluvione del 2020. Servono azioni strutturali, è l’appello della categoria, nell’ottica di una sempre maggiore prevenzione.
“I recenti eventi devono essere per noi ingegneri occasione di insegnamento – sottolinea il presidente della FOIV, Paolo Gasparetto -. Nessuna realtà è perfettamente sicura, sappiamo e abbiamo visto che possono succedere eventi al di fuori da ogni statistica. Il Veneto non è messo male ma non è completamente in sicurezza e per questo motivo noi ci sforziamo di portare all’attenzione dei progettisti i possibili rischi idraulici, così da poterli interpretare e pianificare opere di difesa, per evitare che succedano nuove tragedie alla luce di queste evoluzioni climatiche. Serve uno sforzo ulteriore verso la prevenzione e in quest’ottica la pianificazione territoriale è fondamentale, perché si deve costruire dove si può costruire o dove ci si può difendere dagli effetti di fenomeni di questo genere”.
Il presidente dell’Ordine veneziano, Mariano Carraro, aggiunge: “Capiamo benissimo e comprendiamo la situazione drammatica che si è verificata in Romagna. In Veneto dopo gli ultimi episodi alcuni interventi sono stati fatti, come i bacini di laminazione specialmente nel Veneto centrale, ma tutto il resto del territorio continua a essere piuttosto scoperto. Penso in particolare alle piene del Piave: l’ultima di grande consistenza si è verificata nel ‘66, lo sappiamo, e da allora interventi consistenti non ne sono stati fatti. Dobbiamo dunque metter mano a degli interventi che siano strutturali e significativi. Il problema è che spesso in questi casi ci si deve scontrare con la contrarietà della popolazione locale che non vuole questa o quell’opera. Bisogna fare in modo che tutti siano sensibilizzati affinché ci siano dei consensi e non dei dissensi”.
Tra i relatori anche Marina Colaizzi, segretario generale dell’Autorità di Distretto Alto Adriatico, che ha sottolineato l’impegno al fianco delle amministrazioni locali per aiutarle nell’adozione del PGRA: “È necessario saper utilizzare questo strumento e applicarlo nell’ambito dello sviluppo territoriale. Ciò che è avvenuto in Emilia Romagna ci ricorda che i rischi e la pericolosità sono sempre dietro l’angolo, quindi è necessario un approccio nuovo, una cultura differente e in questo processo l’Autorità è in prima linea sia per quanto riguarda il sostegno alle amministrazioni locali, sia la sensibilizzazione alla cittadinanza, anche con attività nelle scuole”. All’incontro ha preso parte anche Andrea Crestani, Direttore di ANBI Veneto, che ha fatto il punto sulla situazione del rischio idraulico nei territori di bonifica.
Presente all’evento anche l’assessore regionale Gianpaolo Bottacin