Restituire i diritti perduti e garantire una “rinascita” civica ed emotiva. A chi? A chi è privo di residenza, di assistenza sanitaria, di supporto dai servizi sociali. L’Associazione Avvocato di strada Verona Onlus, già dal 2002, ha deciso di mettere a disposizione la propria professionalità e tempo al servizio della comunità. Tutti i volontari motivati dal medesimo obiettivo: offrire la possibilità di emergere dall’ombra alle persone prive di iscrizione anagrafica. Non tutti sanno che l’assenza di una residenza da poter indicare sulla propria carta d’identità è fonte di insormontabili ostacoli. La porta di accesso ai fondamentali diritti è proprio l’ottenimento della residenza presso il Comune. Una mission, partita con l’ascolto presso mense e parrocchie, pian piano si struttura e cresce con 3 sportelli attivi a Verona e la collaborazione di oltre 30 avvocati. Avvocato di strada Verona non rappresenta solo una tutela legale, ma promuove una sinergia costruttiva con assistenti sociali ed istituzioni pubbliche. Quindi, non solo un pasto caldo ed un letto, ma maggiore professionalità e competenza per “alzare l’asticella” e ridare dignità a chi l’ha perduta. Dal confronto con Laura Prando, Ricercatrice Universitaria e segretaria dell’associazione e Anna Tragni, Avvocata e coordinatrice di Avvocato di strada Verona, è emerso il prezioso contributo di questa realtà attiva nel territorio veronese.
Come è nata la vostra realtà?
Il primo embrione di ciò che siamo oggi è nato nel giugno 2002, quando un piccolo gruppo di avvocati e avvocate spontaneamente scelse di difendere i diritti degli ultimi, mettendo la loro professionalità al servizio della comunità. Dopo un primo anno durante il quale i nostri volontari ricevevano le persone senza dimora della città presso mense e parrocchie, ci siamo strutturati e piano piano l’associazione ha cominciato a crescere. In particolare, nel 2003 abbiamo deciso di affiliarci all’associazione bolognese, anch’essa appena nata, che aveva come scopo la tutela legale gratuita delle persone senza dimora.
Cosa è accaduto da allora?
Diversi anni dopo, grazie soprattutto al sostegno della Fondazione Cariverona, senza cui nulla sarebbe stato possibile, abbiamo cominciato ad ampliare i servizi: gli sportelli legali dedicati alle persone senza dimora sono aumentati, diventando tre, e abbiamo iniziato a sviluppare un filone di attività dedicato alla sensibilizzazione della cittadinanza e delle istituzioni.
Qual è la mission dell’associazione?
La mission è la tutela legale gratuita delle persone senza dimora, in particolare, chi vive in condizione di estrema marginalità normalmente è privo di iscrizione anagrafica. Molte persone non sanno che l’assenza di una residenza da poter indicare sulla propria carta di identità è fonte di problemi enormi: senza residenza, infatti, non è possibile avere assistenza sanitaria e godere di visite specialistiche in ospedale, non si ha diritto di voto, né diritto ai sussidi economici statali. Non è assurdo? Si è parlato per tanti anni prima di REI e poi di Reddito di cittadinanza, ma la verità è che queste misure non sono pensate per chi vive in condizioni di povertà assoluta, perché il requisito principale per potere accedere a tali misure è l’iscrizione anagrafica presso un Comune. In estate, chi non ha la residenza a Verona, difficilmente troverà posto in un dormitorio per dormire: il posto letto è accessibile solo a chi è senza dimora, ma con residenza nel comune di Verona.
Su quale territorio operate?
La nostra sede di Verona opera in tutta la provincia veronese, ma Avvocato di strada è un’associazione nazionale.
Un mission che va quindi oltre la tutela legale…
L’idea di fondo della nostra mission è un pensiero più ampio: non è sufficiente dare un posto letto o un pasto caldo a chi vive in strada, se non gli si restituiscono anche i diritti che ha perduto. La porta di accesso a quei diritti è proprio l’ottenimento della residenza presso il Comune: in questo modo, la persona riesce a reinserirsi nel sistema, ad accedere a sussidi, a ricevere supporto dai Servizi Sociali, a iscriversi al centro per l’impiego. È un processo lento, ma funziona.
Avete in cantiere progetti di cui vorreste parlare?
Ultimamente siamo stati coinvolti da tante realtà del territorio in iniziative di formazione destinate a operatori legali e sociali, assistenti sociali, dipendenti pubblici di varie istituzioni. Si tratta di un filone che ci interessa particolarmente, soprattutto perché il supporto burocratico-legale alle persone senza dimora è spesso gestito in modo poco professionalizzato: c’è l’idea che l’aiuto umanitario volontario, siccome gratuito, sia sempre buono, sempre giusto, in realtà non è così, o almeno non sempre. Ci capita spesso di prendere in mano casi di persone gestiti in assenza di avvocati o persone competenti a fornire quell’assistenza. Ci sembra, quindi, che la formazione degli operatori e dei dipendenti pubblici sia un’occasione importante per “alzare l’asticella” e trattare le persone senza dimora con precisione e soprattutto professionalità.
Mi racconta una “storia virtuosa” sorta grazie al contributo della vostra realtà?
La prima storia che mi viene in mente è quella di un signore italiano, arrivato a Verona dal Sud Italia, che viveva per strada da 5 anni quando è arrivato al nostro sportello legale. Chiamiamolo Michele. Era finito in strada in seguito a vicende familiari davvero complicate: un figlio piccolo morto in un incidente stradale, la fine della relazione con la sua compagna in seguito a quell’evento tragico. Me lo ricordo perché ha sempre avuto un carattere burbero e, proprio per questo, tutte le realtà a cui si era rivolto per cercare aiuto alla fine lo avevano lasciato abbandonato. L’idea che il povero debba essere buono e grato è un retaggio di un modo di pensare l’aiuto umanitario fortemente paternalista, ma è un’idea che permea, purtroppo, sia le azioni di volontariato sia le politiche sociali pubbliche. L’esito di un approccio improntato a questo modo di concepire l’aiuto ha fatto sì che Michele non venisse aiutato da nessuno perché aveva un gran caratteraccio e il suo caso era molto complicato e dispendioso a livello di tempistiche.
Come siete intervenuti voi?
Abbiamo ricostruito la sua storia dettaglio per dettaglio e dopo 6 tentativi falliti, 123 e-mail mandate e 1460 giorni trascorsi, siamo riusciti a fargli avere la residenza fittizia presso il Comune di Verona. Da quel momento in poi, è cominciata la sua rinascita: lo abbiamo aiutato ad ottenere un medico di base, ha cominciato a curare il diabete di cui soffriva e i problemi cardiaci. Gli è stato trovato un tumore, che è stato possibile curare e rimuovere. Ha cominciato a vivere in una residenzialità pubblica, ha trovato dapprima un piccolo lavoro come aiuto pulizie, poi un lavoro come aiuto panettiere. La rinascita è stata anche emotiva però: dopo i tanti mesi trascorsi insieme, in cui rabbia e insulti sono stati all’ordine del giorno, Michele ha ritrovato se stesso. Si era perduto nei tanti anni trascorsi in strada, ma è riuscito a conservare una parte di sè e a farla riemergere. Ogni anno, da 2 anni, a Natale chiama per fare gli auguri di Natale, per sapere come sto, per raccontarmi come sta lui.
Di che tipo di supporto avete maggiore bisogno?
La nostra associazione sta vivendo un momento difficile legato all’assenza di fondi e di conseguenza all’assenza di personale retribuito. Gestire i 3 sportelli attivi, con oltre 30 avvocati, e le centinaia di persone che vediamo all’anno è un lavoro, non può essere un hobby o un passatempo. Stiamo cercando, quindi, contributi.
Cosa vi augurate dal futuro per la vostra realtà?
Per la nostra realtà ci auguriamo solo di non esistere più tra qualche anno, perché questo significherà che non serviremo più, perché le persone non finiscono in strada.
Stefania Tessari
(puntata numero nove)