Meno male che c’era chi sosteneva che la qualità dell’aria a Verona sta migliorando. Siamo la terza città peggiore in Italia per qualità dell’aria dietro Frosinone e Milano con ben 66 giornate di smog oltre i limiti di legge nel 2024. Lo afferma l’ultimo report di Legambiente che oggi fa partire la nuova campagna itinerante Città2030 per sensibilizzare i capoluoghi a nuove pratiche di contenimento delle emissioni nocive.
Il report Mal’Aria è eloquente: nel 2024, 50 centraline in 25 città su 98 hanno superato i limiti giornalieri di Pm10. In cima Frosinone (Scalo) e Milano, maglie nere con 68 giorni di sforamenti, seguite da Verona (Borgo Milano) con 66 e Vicenza (San Felice) 64.
Sforamenti registrati in più centraline nella stessa città, segno di un problema diffuso e strutturale in molte aree urbane, dice Legambiente.
Una situazione preoccupante sia per le patologie strettamente connesse con questo inquinamento sia per le morti premature collegate allo smog (50 mila in Italia). Inoltre, rispetto ai nuovi target europei che entreranno in vigore nel 2030, la situazione è ancora più critica: sarebbero fuorilegge il 71% delle città per il PM10 e il 45% per il biossido di azoto.
E visto che il 2030 è alle porte, “servono scelte coraggiose ora. È fondamentale investire nella mobilità sostenibile, potenziando il trasporto pubblico e rendendo le città più vivibili, con spazi pedonali e ciclabili. Urgente anche intervenire su riscaldamento domestico e agricoltura, riducendo l’impatto degli allevamenti intensivi e integrando le politiche su clima, energia e qualità dell’aria”.
Solo cinque anni ci separano dai nuovi limiti europei sulla qualità dell’aria, ma le città italiane sono drammaticamente impreparate: l’aria resta irrespirabile e i livelli di inquinamento attuali sono ancora troppo distanti dai parametri che entreranno in vigore nel 2030, è la sintesi di Legambiente.
Il report Mal’Aria ha analizzato nei capoluoghi di provincia i dati relativi alle polveri sottili (PM10) e al biossido di azoto (NO2). Nel 2024, 25 città, su 98 di cui si disponeva del dato, hanno superato i limiti di legge per il PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo), con 50 stazioni di rilevamento – dislocate in diverse zone dello stesso centro urbano. In cima alla classifica troviamo Frosinone (Frosinone scalo) per il secondo anno di fila e Milano (centralina di via Marche), entrambe con 68 giorni oltre i limiti consentiti. Nel capoluogo lombardo, anche le centraline di Senato (53), Pascal Città Studi (47) e Verziere (44) hanno superato il tetto massimo. Al terzo posto assoluto si posiziona Verona, con Borgo Milano a quota 66 sforamenti (l’altra centralina, Giarol Grande, si è fermata a 53), seguita da Vicenza-San Felice a 64. Anche altre centraline vicentine hanno superato i limiti: Ferrovieri con 49 giorni e Quartiere Italia con 45. Segue Padova, dove la centralina Arcella ha registrato 61 sforamenti e Mandria 52, mentre a Venezia via Beccaria ha toccato quota 61. Nel capoluogo veneto altre quattro centraline hanno superato i limiti: via Tagliamento con 54 giorni, Parco Bissuola con 42, Rio Novo con 40 e Sacca Fisola con 36.
L’Unione Europea ci metterà fuorilegge. La nuova direttiva sulla qualità dell’aria per le Pm10 entrerà in vigore nel 2030
Non si sono salvate neppure le città di Cremona, Napoli, Rovigo, Brescia, Torino, Monza, Modena, Mantova, Lodi, Pavia, Catania, Bergamo, Piacenza, Rimini, Terni, Ferrara, Asti e Ravenna.
Una dimostrazione evidente, concreta, che rivela come l’inquinamento atmosferico sia un problema diffuso e strutturale, ben più esteso di quanto amministratori locali e cittadini vogliano ammettere. E troviamo infatti tutte le città della Pianura padana dove evidentemente gli interventi decisi finora di limitazione delle auto più inquinanti non hanno dato risultati particolarmente incisivi, basti pensare al traffico pesante lungo le autostrade: è mai stato limitato?
Con la nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria che entrerà in vigore dal primo gennaio 2030 per il PM10 sarebbero infatti solo 28 su 98 le città a non superare la soglia di 20 µg/mc, che è il nuovo limite previsto. Al 2030, 70 città sarebbero dunque fuorilegge.
Tra le città più indietro, che devono ridurre le concentrazioni attuali tra il 28% e il 39%, si segnalano Verona, Cremona, Padova e Catania, Milano, Vicenza, Rovigo e Palermo. Il quadro non migliora con il biossido di azoto (NO2): oggi, il 45% dei capoluoghi (44 città su 98) non rispetta i nuovi valori di 20 µg/m³. Le situazioni più critiche si registrano a Napoli, Palermo, Milano e Como, dove è necessaria una riduzione compresa tra il 40% e il 50%.
Verona, è vero, sta investendo molto sul nuovo sistema di trasporto di massa, vaòle a dir ela filovia ma quante auto toglierà dalle strade? Sarà in grado di portare a una drastica riduzione del traffico? E le ciclabili che sono finora mal collegate e costruite solo a tratti diventeranno mai una rete sicura e affidabile?
Abbiamo cinque anni per adeguarci. Zampetti: “Corsa contro il tempo che deve partire dalle città, ma serve il Governo”
“Con soli cinque anni davanti a noi per adeguarci ai nuovi limiti europei al 2030, dobbiamo accelerare drasticamente il passo – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – È una corsa contro il tempo che deve partire dalle città ma richiede il coinvolgimento di regioni e governo. Servono azioni strutturali non più rimandabili: dalla mobilità, con un trasporto pubblico locale efficiente e che punti drasticamente sull’elettrico e più spazio per pedoni e ciclisti, alla riqualificazione energetica degli edifici, fino alla riduzione delle emissioni del settore agricolo e zootecnico, particolarmente critico nel bacino padano. Le misure da adottare sono chiare e le tecnologie pronte: quello che manca è il coraggio di fare scelte incisive per la salute dei cittadini e la vivibilità delle nostre città”.
Ma la mobilità, come sottolinea Legambiente, è solo uno dei fattori che producono questo inquinamento: caldaie da riscaldamento, agricoltura, industria fanno tutte la loro parte.
“I dati del 2024 confermano che la riduzione dell’inquinamento atmosferico procede a rilento” – spiega Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – “con troppe città ancora lontane dagli obiettivi target. Le conseguenze non si limitano all’ambiente, ma coinvolgono anche la salute pubblica e l’economia. Alla luce degli standard dell’OMS, che suggeriscono valori limite molto più stringenti rispetto a quelli di legge attuali e che rappresentano il vero obiettivo per salvaguardare la salute delle persone, la situazione diventa è ancora più critica: il 97% delle città monitorate supera i limiti dell’OMS per il PM10 e il 95% quelli per l’NO2. L’inquinamento atmosferico, infatti, è la prima causa ambientale di morte prematura in Europa, con circa 50.000 morti premature solo in Italia”.
Le priorità quindi per uscire dall’emergenza smog – evidenzia Legambiente – sono: ripensare la mobilità urbana, mettendo le persone al centro: da un lato potenziare con forza il trasporto pubblico che deve essere convertito con soli mezzi elettrici entro il 2030, dall’altro avviare uno stop progressivo ma anche incisivo ai veicoli più inquinanti nei centri urbani, creando una rete diffusa di aree pedonali e percorsi ciclopedonali, perseguendo il modello della “città dei 15 minuti”, creando Low Emission Zones e usando politiche come Città30, già attivata con successo a Bologna, Olbia e Treviso.
Accelerare la riconversione degli impianti di riscaldamento, mappando quelli esistenti e programmando l’abbandono progressivo delle caldaie a gasolio, carbone e metano in favore di sistemi come le pompe di calore a gas refrigeranti naturali.
Intervenire sul settore agrozootecnico, specialmente nel bacino padano dove le condizioni geografiche e meteorologiche favoriscono l’accumulo di inquinanti, riducendo gli allevamenti intensivi e le conseguenti emissioni di metano e ammoniaca attraverso l’implementazione di buone pratiche come la copertura delle vasche e il controllo degli spandimenti;
Integrare le politiche su clima, energia e qualità dell’aria, considerando anche il ruolo del metano nella formazione dell’ozono troposferico.
Un lavoro lungo, che richiederà tempo ma proprio per questo è ora di accelerare. E soprattutto di non sottovalutare l’emergenza smog.
MB