Remdesivir accorcia la durata dei sintomi da 15 a 11 giorni, accelerando del 31% i tempi di guarigione da Covid-19. È questo il risultato dei test clinici svolti in diversi ospedali in giro per il mondo. I dettagli dello studio non sono stati ancora pubblicati. Gli esperti si dicono felici dell’esito della ricerca se tutto verrà confermato, anche se non siamo ancora di fronte alla “bacchetta magica” che sconfiggerà il coronavirus.
Remdesivir è un farmaco che la società Gilead Science ha prodotto per combattere Ebola, ma che non è ancora in commercio. Si tratta di un antivirale e agisce attaccando un enzima fondamentale affinché i virus riescano a replicarsi all’interno delle cellule. Alcuni ricercatori avevano sperimentato il farmaco anche per trattare alcuni casi di SARS e MERS, sindromi respiratorie causate da altri coronavirus, con buoni risultati.
I giornali americani pensano che molto presto la Food and Drug Administration, l’agenzia che regola i mercati del farmaco negli Stati Uniti, potrebbe dare il via libera al suo uso negli ospedali americani. Una sperimentazione con un altro medicinale, l’idrossiclorochina, sponsorizzato anche dal presidente degli Stati Uniti non ha invece dato i risultati sperati.
La ricerca è stata portata avanti dall’Istituto Nazionale degli USA per le Malattie Infettive e le Allergie. Più di mille le persone messe sotto osservazione, tutte ricoverate in gravi condizioni. Alcuni pazienti hanno assunto il farmaco, altri il placebo. Anthony Fauci, che guida l’istituto ed è diventato celebre in tutto il mondo, ha affermato che questo farmaco “ha un chiaro, significativo e positivo effetto nel diminuire i tempi di guarigione”. “Questi risultati – ha aggiunto – provano che un farmaco può fermare il virus”.
In realtà l’impatto sui tassi di mortalità non è statisticamente significativo. Era dell’8% nelle persone che hanno assunto Remdesivir, dell’11,6 in chi invece aveva preso il placebo.
Sono molte le domande a cui ancora non c’è una risposta. Le principali che si pongono gli esperti sono le seguenti:
aiuta le persone che comunque sarebbero guarite a farlo prima?
Permette di non finire in terapia intensiva?
Funziona meglio nei giovani o negli anziani? Dev’essere assunto subito o dopo il ricovero? Dubbi ancora da chiarire…