Sette medaglie in un’unica Paralimpiade. A compiere questa incredibile impresa è il nuotatore Stefano Raimondi. Ci riesce non in una “semplice” edizione dei giochi. Quella di Tokyo, infatti, hanno visto il suo esordio. Raimondi, 23 anni, è nativo di Soave, in provincia di Verona. Fin da piccolo si cimenta nel calcio e nel nuoto. In quest’ultimo riesce presto a ottenere diversi successi e a entrare poi nel giro delle nazionale giovanile.
Nel 2013, a soli 15 anni, è vittima di un incidente stradale mentre è alla guida del suo scooter. Ne esce con la gamba sinistra irrimediabilmente danneggiata.
Inizialmente, Stefano non vuole più riprendere gli allenamenti in piscina. Come racconterà poi lui stesso, è sua madre a spronarlo a ritornare in acqua. Cosa che lui fa arrivando in poco tempo a raggiungere ottimi piazzamenti in gara.
Nel 2018 l’atleta disputa la sua prima competizione internazionale con la Federazione Italiana Nuoto Paralimpico (FINP), gli europei di Dublino. Lì riesce a conquistare 8 medaglie, tra cui 3 ori. Al momento, fa parte del Verona Swimming Team e delle GS Fiamme Oro.
A Tokyo Stefano riesce ad aggiudicarsi una medaglia d’oro nei 100 m rana (categoria SB9) e due bronzi nei 100 m stile libero (S10) e nella staffetta 4X100 misti. Ottiene, inoltre, 4 argenti, nei 100 m farfalla (S10), nei 100m dorso (S10), nella staffetta 4X100 stile libero e nei 200 m misti (S10).
Buongiorno Stefano. Domanda d’obbligo: ci racconti dell’esperienza di Tokyo?
“L’esperienza di Tokyo relativa all’ambiente piscina è stata molto simile alle altre che abbiamo vissuto prima di Tokyo, vedi i Campionati Italiani e i Campionati europei. Il pubblico non c’era. Quindi non sentivamo la tensione appunto di averlo. Avevamo sempre la mascherina anche prima e così è stato anche lì. Comunque, entrare a una finale paralimpica e vedere questo stadio gigantesco, era veramente un’emozione diciamo unica . Sentivi lo stesso la tensione, l’adrenalina che cresceva, man mano che la gara si avvicinava”.
Non l’hai solo vinta. Sei uno dei più medagliati di Tokyo. Un risultato enorme …
“Sì, esattamente. Eravamo consapevoli di riuscire a fare questo risultato. Perché, comunque, già ai Mondiali e agli Europei i miei avversari erano più o meno sempre quelli. A livello Europeo il mio avversario è principalmente l’ucraino Maksym Krypa. Gli altri miei avversari sono un po’ più ‘deboli’ rispetto a lui”.
In precedenza, hai raccontato che a convincerti a iniziare nuotare è stata tua madre. Cosa ti ha fatto alla fine continuare?
“Io sono sempre stato un tipo abbastanza solitario. In genere, ho fatto sempre affidamento solamente sulle mie forze per poter raggiungere un obiettivo, uno scopo o un qualsiasi risultato. Il nuoto è uno sport in cui il risultato lo vai a prendere te, se ne hai la voglia. Ovviamente dietro hai anche l’allenatore, la famiglia e tutto il resto. Però, al momento della gara sei solamente tu che vai sul blocchetto”.
“Lo sport ti aiuta anche a rinascere”
Ci spieghi un po’ come ti prepari a una gara?
“Per quanto riguarda l’allenamento, ovviamente si fa un ciclo in cui la fine dello scarico coincide con la gara. Quindi, si fa un ciclo di carico. Dopodiché, appunto, c’è lo scarico che ti porta ad avere la condizione fisica perfetta per essere super performante. Poi c’è la condizione psicologica che ogni atleta gestisce a modo suo prima della gara. Questo in modo da poterti permettere di essere tranquillo e sereno e non consumare forze superflue prima della gara e quindi arrivare alla gara già stanco”.
Sei più volte andato a promuovere il “parasport” nelle scuole. Che attività hai svolto con i bambini e ragazzi?
“Sono andato più che altro a raccontare la mia storia. Per far capire, insomma, che da ogni situazione si può comunque uscire. Si può rinascere, e perché no, trovare una nuova opportunità in qualsiasi ambito, anche a livello sportivo. Comunque lo sport aiuta a esprimerti e a trovare te stesso”.
Cosa diresti a una persona che vuole avvicinarsi al “parasport”, o sull’importanza del movimento paraolimpico?
“Il mondo paraolimpico ha veramente una grandissima selezione di opportunità. Quindi, ognuno può veramente trovare il proprio sport e anche la propria strada. Dunque, ci si può realizzare”
Alle Paraolimpiadi hai gareggiato in tutti e quattro gli stili di nuoto. Qual è quello in cui ti senti più a tuo agio?
“Allora, prima dell’incidente ero ranista e diciamo che la rana ha sempre fatto parte di me. Nel tempo, ho fatto mio anche il delfino. Quindi, questi sono i due stili a cui faccio maggiore riferimento e in cui mi piace gareggiare”.
Ti ritieni più “fondista” o “velocista”?
“Io gareggio dai 50 ai 400 metri, perché nel mondo paralimpico gli atleti sono più eclettici. Quindi, riescono a fare più distanze e più stili a differenza, magari, degli atleti olimpici. Riescono a essere più competitivi in più stili e più distanze”.
Qual è il fattore che rende gli atleti paralimpici più versatili?
“Gli atleti paralimpici sono più versatili e fanno un numero maggiore di gare perché in questo movimento gli sportivi sono in numero inferiore rispetto a quello olimpico”.