«Il green pass obbligatorio per accedere a ristoranti e bar è una soluzione inefficace, “economicida” e pericolosa sul piano del rispetto della privacy: non vogliamo essere noi a pagare per l’inadeguatezza della campagna vaccinale». Dopo aver lanciato per prima l’iniziativa #iononcisto, l’associazione Ristoratori Veneto — nata a Verona e comprendente 1.500 attività da tutta la Regione — lancia una raccolta/firme online su Change.org (link: chng.it/2T5YjLwV) contro la nuova regola in vigore da venerdì 6 agosto.
«Il green pass obbligatorio per entrare nei locali è discriminante e rovescia una spada di Damocle sulla nostra categoria, costretta a chiedere documenti rischiando al contempo d’incappare in una violazione della privacy. Sul fronte dei lavoratori non è consentito fare indagini per conoscere l’adesione alla campagna vaccinale né licenziare un dipendente non vaccinato: insomma non c’è chiarezza su cosa fare con chi non è vaccinato o non vuole condividere tale informazione, idem per un cliente, specialmente se si tratta di minori — riflette Alessia Brescia, portavoce dell’associazione — I nostri associati espongono da tempo la locandina con la scritta “Siamo ristoratori, non controllori” e oggi siamo a ribadire quel concetto: aprire con il Green Pass avrebbe un effetto devastante sul lavoro».
L’associazione Ristoratori Veneto & Ho.re.ca. è così pronta a ricorrere al Tar. «Sebbene il Garante per la Privacy non si sia ancora pronunciato definitivamente, di recente la vicepresidente del Garante, Ginevra Cerrina Ferroni, ha spiegato che se il certificato diventa indispensabile per esercitare diritti fondamentali come andare al lavoro c’è il rischio che il vaccino sia di fatto obbligatorio. Secondo Ferroni, poi, resta un nodo non risolto: a cosa servirà il certificato verde? L’indeterminatezza, citando le sue parole, potrebbe aprire a usi sproporzionati del certificato, non solo per partecipare a un grande evento ma magari per andare al ristorante, al teatro o per esercitare diritti-doveri fondamentali, come andare a scuola o al lavoro. Il rischio cioè è che l’obbligo vaccinale, pur in assenza di legge, lo diventi in modo surrettizio. É il cuore del costituzionalismo».