Il termine invidia deriva dal latino e significa guardare ostilmente. Si tratta di un’emozione complessa che fa riferimento ai valori e all’immagine di sè. Nessuno è immune all’invidia perché, nella realtà dei fatti, questo sentimento nasconde una fragilità che appartiene a ogni persona, tuttavia non tutti vi reagiscono nel medesimo modo.
C’è chi la utilizza come arma di disprezzo e chi la elabora e la trasforma in competizione, ambizione o ammirazione. Alla base dell’invidia si riscontrano solitamente sentimenti di rivalità e sensazione di inferiorità. A scaturire l’invidia è la percezione di una mancanza, resa evidente da un confronto sociale e attribuita a carenze personali. Tale percezione può indebolire l’immagine di sè e di conseguenza aumentare il senso d’inadeguatezza.
L’invidia è abitualmente associata a sentimenti negativi come rabbia, disprezzo, indignazione e vergogna. In termini di tendenza all’azione, l’invidia può indurre ad agiti aggressivi esplicitamente diretti a nuocere alla persona invidiata.
Allo stesso tempo, vi può anche essere un atteggiamento passivo, in cui si rinuncia a lottare per il quanto invidiato e a prevalere è un senso di sfiducia in sé stessi e di autocommiserazione.
L’invidia è qualcosa che non si ammette volentieri e che tende ad essere negata da chi la prova. Le persone se da un lato negano di provarla, dall’altro attribuiscono spesso agli altri tale emozione. Solitamente, si nega l’invidia perchè non si vuole apparire come elementi “down” in un confronto.
Oltre all’invidia canonica e insana, vi è anche un’invidia “positiva” e sana, che porta la persona che la prova a cercare di migliorarsi a seguito della percezione di una propria mancanza nel confronto con l’altro.
In tal senso provare invidia può provocare un’identificazione positiva con chi in quella “cosa specifica” risulta meglio di noi. Intraprendendo la direzione giusta, quella stessa invidia può quindi trasformarsi in un mezzo che spinge verso la propria realizzazione.
Chi vive l’invidia nella sua connotazione più sana, generalmente ha imparato a godere delle proprie realizzazioni personali, a riconoscerle e a circondarsi di persone che tendono a valorizzare la sua persona e non a screditarla.
Al contrario, maggiore è la rigidità, la pervasività e l’immodificabilità dei contenuti e dei processi cognitivi, nonchè dei correlati comportamentali legati a tali emozioni, maggiore sarà la probabilità di riscontrare un quadro di invidia patologica. Chi è vittima di invidia patologica dovrebbe lavorare sulla costruzione di un proprio nucleo realizzativo.
La prima cosa è la consapevolezza, quindi ammettere il sentimento, per poi riconoscerlo e analizzare la propria situazione.
L’invidia, infatti, può essere uno strumento per iniziare a conoscersi e rappresentare uno stimolo a migliorarsi.
*Sara Rosa, psicologa e psicoterapeuta