Qualche spiraglio di luce, forse. Numeri, dati, sensazioni, speranze, che vanno ogni giorno ricalibrate, riviste, corrette. Vanno, soprattutto, tenute in sospeso, “perchè anche durante una guerra ci sono attimi di pace apparente”. Gira e gira, le parole son quelle, la guerra non è finita, semmai c’è una parvenza di tregua, qualcosa che induce a sperare, ma non ti permette di abbassare la guardia.
E intanto, arrivano dal mondo, immagini di guerra. Numeri spaventosi, la Spagna che ci insegue, con la sua triste escalation e quei fotogrammi che ti lasciano senza parole. Corridoi di ospedali senza più barriere, ammalati a terra, forse su un materassino, forse su un asciugamano, stesi senza neanche la forza di guardare. Con i medici, gli infermieri che quasi li scavalcano, non hanno più posto per loro, chissà se riusciranno a trovarlo.
Pazzesco. E mentre guardi queste immagini che rimbalzano da un TG all’altro, pensi che oggi e diciamo pure per sempre, dovremo pensarci bene prima di criticare la nostra sanità. I nostri “eroi” di oggi. Medici, infermieri, volontari, uomini che stanno al fronte, spesso si ammalano, molti di loro hanno dato la vita per questa guerra, “combattendo” (è il caso di dirlo) a mani vuote, guardando in faccia il nemico che non perdona.
Sarà bene ricordarcelo, da adesso e per sempre. Certo, sarà bene ricordarci tante cose, quando tutto questo sarà passato. Sarà bene ripensare anche aille scelte, alle strategie, agli indirizzi da prendere per costruire uno stato migliore. Per noi, per i nostri figli. Uno stato dove non debba apparire come un incubo, un virus qualunque, che ci ricorda della nostra fragilità, ma anche dell’esigenza di posti letto, macchinari, tecnologie, ricerche all’altezza. Che non ci trovi sempre all’inseguimento affannoso. Com’è ora. Ce ne ricorderemo, sì. Ad ogni costo.