Quella lezione di Reagan del 1987 Trump fa finta di non conoscerla

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Gentile direttore, sulla Cronaca di Verona ho letto con netto anticipo il pericolo dei dazi per la produzione vivinicola veronese e italiana e mi sono chiesto che senso ha mettere i dazi in un mondo che ormai vive nel commercio globale. Mi sorprende la posizione divisa dell’Unione europea. La premier Meloni dice che non è una catastrofe, mentre Ursula Von der Leyen vorrebbe rispondere subito a Trump. Mi sfugge anche la logica dei dazi di Trump che va a danneggiare prima di tutto gli americani con i mercati finanziari in tilt.Che cosa dobbiamo fare? Che cosa ci dobbiamo aspettare? Marco Fongarini Gentile lettore, le sue preoccupazioni sono quelle che stanno vivendo tutti in questo momento. Ci sono fior di economisti ben più competenti di noi che ancora non riescono a darsi una risposta in merito alle decisioni del presidente Usa Donald Trump. Nel nostro piccolo ci possiamo limitare ad alcuni dati di fatto e a cercare nella storia un barlume di razionalità. Un dato di fatto è che i danni per le nostre produzioni soprattutto agroalimentari saranno pesanti a causa dei nuovi dazi; che i consumatori americani non avranno abbastanza soldi per comprare i nostri prodotti e quindi potrebbero ripiegare su prodotti contraffatti dal suono simile al nostro, come il Parmesan o il Calsecco con tutti i danni conseguenti per le nostre produzioni. L’altro dato di fatto è che quando Trump invita le aziende a trasferirsi negli Usa per produrre così si eviteranno i dazi, sembra non tener conto di due aspetti. Il primo è che per spostare uno stabilimento o una linea di produzione servono anni e nel frattempo chissà dove sarà finito Trump vista la rivolta dei mercati finanziari e dei cittadini della strada che si ritrovano tartassati. Basti pensare che già nel 2026 ci saranno le elezioni di midterm, di metà mandato. Inoltre, produrre negli Usa ha costi di manodopera sicuramente superiori all’est asiatico per cui il prodotto finito costerebbe più dei dazi. E poi c’è anche il problema di dover recuperare le competenze professionali che si sono sviluppate negli anni in altri Paesi e non sono trasferibili. Ma a parte queste semplici considerazioni, c’è da constatare amaramente che la storia non insegna nulla. Già nel 1987 l’allora presidente repubblicano Ronald Reagan spiegò perché i dazi sono un boomerang per l’economia americana. Il suo celebre discorso è stato riproposto in questi giorni da alcuni istituti di economia. Ecco la trascrizione di ciò che disse Reagan. E che Trump non ascolta facendo finta di non conoscere Reagan per assecondare le spinte populiste che lo hanno portato alla Casa Bianca. “Vedete, all’inizio, quando qualcuno dice “Imponiamo tariffe sulle importazioni straniere”, sembra che stiano facendo la cosa patriottica, proteggendo i prodotti e i posti di lavoro americani. E a volte, per un breve periodo, funziona, ma solo per poco tempo. Ciò che alla fine accade è che le industrie nazionali iniziano a fare affidamento sulla protezione del governo sotto forma di tariffe elevate. Smettono di competere e smettono di apportare i cambiamenti gestionali e tecnologici innovativi di cui hanno bisogno per avere successo nel mercato mondiale. E poi, mentre tutto questo sta succedendo, accade qualcosa di ancora peggiore. Le tariffe elevate portano inevitabilmente a ritorsioni da parte dei paesi stranieri e all’innesco di feroci guerre commerciali. Il risultato è sempre più tariffe, barriere commerciali sempre più alte e sempre meno concorrenza”. Il risultato, spiegava Reagan, era un effetto devastante sull’economia. “Così presto, a causa dei prezzi resi artificialmente alti dalle tariffe che sovvenzionano l’inefficienza e la cattiva gestione, le persone smettono di comprare. Poi succede il peggio. I mercati si restringono e collassano. Le aziende e le industrie chiudono. Le città e milioni di persone perdono il lavoro. Il ricordo di tutto ciò che accadde negli anni ’30 mi ha reso determinato, quando sono arrivato a Washington, a risparmiare al popolo americano la legislazione protezionistica che distrugge la prosperità”. E ora? Non resta che aspettare gli effetti dei dazi sull’America: l’economia, la finanza, i mercati mondiali si sono sempre dimostrati più forti della politica. Prezzi che schizzano alle stelle, Borse che crollano, il valore dei propri risparmi che si brucia, il potere di acquisto che si riduce e l’inflazione che riparte: sarà contento il cittadino americano?