La IV Repubblica francese intraprese nel 1947 in Algeria, considerata parte integrante della Francia, la via delle riforme, ma non ebbe la forza di imporle ai coloni. Lo statuto per l’Algeria, che introdusse un’assemblea eletta per metà da cittadini di statuto civile francese e per metà da cittadini di statuto locale, indignò i coloni senza soddisfare gli algerini. Molti nazionalisti algerini si convinsero sempre di più che l’unica soluzione possibile per il proprio popolo fosse l’indipendenza e la risorsa per raggiungerla fosse l’insurrezione armata. La sconfitta della Francia a Dien Bien Phu (7 Maggio 1954) e la perdita delle sue colonie in Indocina alimentarono le speranze dei gruppi nazionalisti. Essi costituirono al Cairo il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN), riunendo tutti i movimenti politici con l’eccezione dei Movimento Nazionale Algerino, che perse ben presto ogni influenza. Il FLN proclamò la sua volontà di lottare “per liquidare il sistema coloniale” e per “l’indipendenza nazionale mediante la restaurazione dello stato algerino”.
Il primo novembre 1954 i guerriglieri del FLN eseguirono circa trenta attentati in varie parti dell’Algeria principalmente contro presidi militari e posti di polizia, esortando la popolazione a insorgere per la “restaurazione dello Stato algerino, sovrano, democratico e sociale, all’interno dei principi dell’Islam, e per il rispetto di tutte le libertà fondamentali senza distinzioni di razza e di religione”. Quegli attacchi, che provocarono solo sette vittime, segnarono l’inizio della guerra di indipendenza più sanguinosa dell’Africa. Ciò che rese particolarmente cruento lo scontro fu soprattutto il fatto che per Parigi l’Algeria non era de iure una colonia e, come dichiarò il presidente del consiglio Mendès-France il 12 novembre, “l’Algeria è la Francia” e “i dipartimenti algerini sono parte della Repubblica Francese […], tra loro e la Francia metropolitana non è concepibile alcuna secessione”.
Il governo francese si affidò all’esercito, che combatteva la guerra in modo tradizionale, mentre il FLN adottò il metodo della guerriglia. I coloni francesi, i piedi neri, decisi a difendere una terra che consideravano di loro proprietà, costituirono dei nuclei paramilitari e con l’appoggio degli harkis, lealisti musulmani, attaccarono gli indipendentisti sul loro stesso terreno con il terrorismo e la controguerriglia. La legge del 16-3-1956 sui poteri speciali, conferì al nuovo governatore Robert Lacoste poteri dittatoriali ed egli se ne avvalse soprattutto per dare priorità assoluta alla vittoria militare. Nel Settembre del 1956 il FLN, che controllava già molte aree rurali del paese, estese l’azione guerrigliera alla capitale e il generale Lacoste, in forza dei suoi poteri, ordinò al generale Massu di utilizzare ogni mezzo per sopprimere la guerriglia urbana.
Durante la battaglia di Algeri (Gennaio-Settembre 1957), i soldati francesi procedettero ad arresti in massa, praticarono abitualmente la tortura così come il tradimento e uccisero molti presunti ribelli. I paracadutisti di Massu distrussero l’organizzazione in città e l’indiscriminata repressione, che coinvolse i civili, fu giustificata come un’azione di guerra coloniale. Per la Francia, all’altissimo costo umano, si aggiunse anche quello politico e diplomatico: accentuò ulteriormente la separazione fra europei e musulmani, spinse i paesi arabi africani a offrire aiuti al FLN, schierò il mondo occidentale sempre più a favore dell’indipendenza dell’Algeria e acuì la divisione dell’opinione pubblica francese, favorendo a destra la rinascita del nazionalismo, mentre la sinistra denunciava i metodi di “pacificazione” impiegati dai militari.
Di fronte a un governo incapace di domare la ribellione e nel contempo di imporre riforme decisive ai coloni, il movimento “Algeria francese”, temendo “una Dien Bien Phu diplomatica”, ossia un’altra ritirata precipitosa e lesiva per l’onore dei francesi, come era accaduto in Indocina, invocò una sollevazione di massa. La debolezza del governo e lo stato di alta tensione nella madrepatria predisposero il clima per il putsch militare del 13 maggio 1958: i piedi neri assaltarono il palazzo del governatorato, mentre Lacoste era a Parigi, e crearono un comitato di salute pubblica sotto la presidenza del generale Massu. Decisi a sfruttare politicamente la situazione, i gollisti imposero il 15 Maggio al generale Salan, comandante delle truppe francesi in Algeria, di invocare un ritorno del generale De Gaulle, ritiratosi dalla politica nel 1946. Il vecchio eroe della resistenza annunciò subito di essere “pronto ad assumere i poteri della Repubblica” e sottoposto al ricatto di uno sbarco di paracadutisti in Francia e di una guerra civile, cadde l’ultimo governo della Quarta Repubblica. La IV Repubblica sarebbe sopravvissuta legalmente fino all’8-1-1959, ma de facto iniziò un nuovo regime: De Gaulle costituì un ampio governo d’unione nazionale e, ottenuti poteri speciali, propose un una nuova costituzione, che prevedeva un ampliamento dei poteri del presidente della repubblica. Verrà approvata con il 79,26 % dei voti.
*Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia