“Scusate, non mi diverto più”. Così parlò Gianfranco Zigoni, l’idolo “più idolo” del calcio gialloblù. “Elkjaer?” sorride. “Sì, lui ha vinto uno scudetto, ma Zigo sarà sempre…Zigo”. Lui, più forte di Pelè (“…me lo disse Gipo Viani”), un fuoriclasse (“..me lo disse Santamaria, difensore del Real Madrid, dopo avergli fatto un tunnel, ai tempi della Juve”), uno dei più forti di ogni tempo (se lo dice da solo, quando è in formissima), “…se solo avessi avuto voglia di allenarmi di più”. Zigogol non si diverte più, in un calcio “…malato, drogato, dove bastano due partite in serie A per finire in Nazionale. Dove giocatori “normali”, vengono valutati 50 milioni e prendono stipendi da “fuori di testa”. No, non è più calcio, questo è un’altra cosa”. E ti racconta di quando lui prendeva 25 milioni al Verona (“…tanti, eh, per gli anni ’70, ma io ero Zigoni…”) e Fraizzoli gliene offrì 80 per andare all’Inter. “Tre volte tanto, capite?” Tutti avrebbero detto “sì, corro”. Invece disse “no, grazie”. “Perchè avevo un debito col Verona, volevo riportarlo in A, dopo la retrocessione a tavolino. E tornammo in A. I soldi? E chi se ne frega dei soldi? Vivo bene lo stesso, mai stato schiavo dei soldi io…”. E così, l’estate dei Lukaku (“85 milioni?”) e dei Pepè, dei Cavani e dei Correa (chi era costui?) valutati a peso d’oro, sembra ora un po’ più lontana e persino meno bollente. “Ah, com’erano belle le nostre estati, quelle con le “liti” con Garonzi, magari per 100 mila lire in più o in meno…”. Ne ha viste e raccontate tante, mille volte, un milione di volte. E a ogni “giro di valzer”, un dettaglio in più, un particolare in meno. Ma stavolta, il racconto di Gianfranco Zigoni, Zigogol, un mito, più di un mito, parte dalla fine. Dai suoi 74 anni portati alla grande, su e giù per le stradine di Oderzo, dove ogni tanto, racconta “…capita qualche tifoso veronese, per stare con me. Incredibile…”. Allora, Zigogol apre la taverna, “convoca” gli amici fidati, “…e giù col Refosco, il mio vino preferito. Si parla e si beve, si mangia e si canta, si ricorda e si vive, perchè questa è vita”. Zigogol non è solo quello della pelliccia e delle Porsche sfasciate, della pistola nel fodero e delle notti insonni, tra donne, whisky e sigarette. Zigogol è anche quell’allenatore che per tanti anni ha insegnato a giocare divertendosi, ai bambini di Oderzo. “Perchè il calcio dev’essere prima di tutto un gioco, un divertimento. E allora, facciamoli giocare i nostri bambini. Senza tattica, senza farli correre, senza obbligarli a fare pressing. Un bambino deve andare in campo solo per il gusto di giocare, per stare con gli altri suoi compagni. Cone facevamo ai nostri tempi, quando non c’erano le scuole calcio e imparavi sulle strade, nei campi senza porte…”. Ai suoi bambini ha sempre insegnato a dribblare, “…perchè se gli togli la fantasia, come faranno a diventare giocatori in gamba?”. Non ha mai pensato ai risultati, ma solo a lasciarli liberi. A farli sentire partecipi. Come quella volta, “…tra di noi c’era anche un bambino più sfortunato di altri, aveva qualche handicap fisico, ma lo tenevo in gruppo. Lo facevo giocare anche nelle partitelle, perchè si sentisse coinvolto. Quel giorno, riuscì anche a segnare un gol. Mi ricordo la sua gioia e quella dei compagni. Ho provato un’emozione fortissima, impossibile da dimenticare…”
L.T.