Sono trascorsi quasi 30 anni da quando la foto di David Kirby malato di AIDS e in fin di vita ci arrivava come un pugno nello stomaco tramite la campagna pubblicitaria Benetton.
La foto di Kirby e le altre drammatiche storie, di vita e di morte, che venivano narrate negli anni ‘90 sembrano oggi parte di un’epoca dimenticata. Da tempo di HIV e AIDS si parla sempre meno. Perchè clinicamente si sono ottenuti risultati così significativi, che quanto meno nei Paesi occidentali non costituiscono più un’emergenza (sappiamo bene che in altre parti del mondo, dove l’accessibilità alle cure è limitata la situazione è ben diversa).
Le terapie antiretrovirali (HAART) hanno profondamente modificato l’evoluzione della malattia HIV/AIDS, trasformandola in una condizione caratterizzata dalla cronicità e non più dalla terminalità. La prognosi e i quadri patologici, che conseguono all’infezione, sono nettamente migliorati e offrono nuove prospettive di vita, seppure la malattia non possa ancora essere ritenuta sconfitta.
Nonostante ciò, la storia dovrebbe aver insegnato che nessuna malattia è mai davvero superata e che la prevenzione, l’educazione e la conoscenza sono necessarie, sempre. In occasione della Giornata Mondiale della lotta all’AIDS credo sia giusto soffermarci su cosa significhi oggi scoprire di essere malati e doverlo affrontare. Sebbene non se ne parli più con la frequenza del passato, l’AIDS continua a essere un problema del mondo contemporaneo e ancora oggi milioni di persone devono affrontare il dramma della malattia.
Se è vero che questa patologia, può essere trattata efficacemente con farmaci che ne rallentano il decorso e permettono una buona qualità di vita, è allo stesso tempo indubbio che ci si trovi a dover gestire il forte impatto psicologico di una diagnosi di malattia cronica, che porta ancora con sè un bagaglio di vergogna e colpa, nonché di preoccupazione per le opinioni altrui.
Oggi le possibilità di sopravvivenza sono elevate e si arriva più difficilmente alla patologia conclamata. Ciò non significa che il percorso di accettazione sia semplice e che chi contrae l’ AIDS non necessiti di un supporto psicologico, per affrontare il momento della diagnosi e per avere un sostegno nel tempo.
La reazione della persona in genere, pur con le inevitabili differenze soggettive, comprende sentimenti di ansia, rifiuto e rabbia. Il terapeuta ha il compito di definire un percorso centrato sulla persona che consideri la situazione clinica e le caratteristiche personologiche del paziente per aiutarlo e ricostruire una nuova visione di sé, che possa comprendere anche la parte relativa alla malattia.
*psicologa e psicoterapeuta