Inaugurato all’inizio del 2020, poco prima della pandemia, Palazzo Maffei è un edificio seicentesco di piazza Erbe, nel cuore di Verona, che appoggia le fondamenta su un tempio romano. La struttura deve il suo restauro conservativo e la creazione della “Casa Museo” all’imprenditore e collezionista Luigi Carlon che qui ospita la sua raccolta artistica privata. La collezione di questo inconsueto Museo si propone come un affascinante viaggio tra epoche e arti. Costruita con grande passione da Carlon e cresciuta senza limiti di genere e cronologia in più di mezzo secolo, vanta oltre 500 opere d’arte di vari periodi storici, con dipinti, sculture, volumi rari e manufatti quali mobili, vetri, argenti e ceramiche. La visione espositiva è certamente ecclettica, in costante dialogo tra le istanze del passato e quelle della contemporaneità ma evidenzia anche percorsi coerenti con opere di pittura veronese capaci di narrare la nostra città nel tempo e proposte delle avanguardie del secolo scorso, in particolare futurismo, astrattismo e metafisica. Alle sale espositive si giunge in modo singolare, attraverso una grande scala a chiocciola in pietra, a tutta aria, a forma elicoidale, priva di appoggio su sostegni. Al primo piano, nell’atmosfera di una signorile e suggestiva dimora privata, la modernità irrompe senza preavviso e dialoga con la classicità che, in questa sezione, rappresenta il fulcro principale. Invece, nella seconda parte del percorso espositivo, si sottolinea prevalentemente l’arte moderna e contemporanea. Probabilmente l’unicità di questo museo consiste nella sua capacità di smontare la concezione tradizionale del museo stesso. Nella “Casa Museo” le tematiche dell’antichità si pongono in costante confronto con l’attualità, in modo non convenzionale. Le tante sale, con le loro titolazioni inusuali, contribuiscono alla singolarità dell’insieme e spalancano le porte a universi paralleli. Nell’ambiente Sulla natura dello spazio e della materia si raccolgono e dialogano le opere di Carla Accardi, Alberto Burri, Lucio Fontana, Piero Manzoni e Fausto Melotti. Nella sala denominata Sulla metamorfosi del paesaggio e la bella natura, gli affreschi originali dell’edificio dialogano con aforismi scritti da Goethe. In Antiquarium le opere di Giorgio de Chirico e di Mimmo Paladino si accostano a reperti classici mentre Sul perimetro del mondo e i suoi limiti suggerisce che “tutte le cose del mondo stanno in un perimetro e il mondo stesso è un confine”. L’interessante spazio si propone alla nostra attenzione con un “muro di cornici vuote” che risultano comunque “piene” di istanze utili a riflettere sui contenuti, che attraverso i contenitori e i confini, emergono e risultano visibili al nostro occhio. Nella vita reale, senza i limiti arbitrari che le “cornici” impongono, lo sguardo umano riesce a cogliere molti stimoli visivi. Anche per questo, dai primi anni del Novecento, l’arte si propone spesso “nuda”, senza delimitazione. Quando la cornice rimane non è più e solo un contenitore di supporto ma finisce col diventare un concetto integrante, capace di intervenire nel significato dell’opera. La riflessione sui “perimetri” è molto cara alle arti visive e la proposta della Casa Museo è un esplicito invito a varcare i limiti e a cercare i contenuti nascosti che anche il “vuoto” può far emergere. Vale quindi la pena aprire gli occhi per cogliere quanto ci circonda con uno sguardo nuovo, oltre le consuetudini e il convenzionalmente noto.
Chiara Antonioli