Un’altra prestazione dignitosa. Come a Milano con l’Inter e a Roma con i giallorossi. Ma la dignità non fa punti e l’Hellas rimane sempre più lontano dalla salvezza. Ma il segnale più preoccupante non giunge dal campo ma dalla gestione del gruppo e dei primi “mal di pancia”. I Verona al cospetto della Juventus soccombe di misura pagando in occasione della rete di Kean una cattiva collaborazione tra Magnani e Dawidowicz e soprattutto palesando ancora una fase offensiva non all’altezza della massima serie con un Gaich oltremodo deficitario. Ma fa rumore l’affaire Hien. Il difensore, regolarmente convocato, non è andato nemmeno in panchina ma si è accomodato direttamente in tribuna. Di un caso Hien ha preferito non parlare al termine della gara il tecnico Marco Zaffaroni. “Hien? Siamo in un momento del campionato dove non si può sbagliare ed insieme abbiamo ritenuto opportuno che il ragazzo non giocasse. Non c’è nessun caso Ci ha provato sino all’ultimo, ma di comune accordo abbiamo deciso di non schierarlo”. Ma sarebbe anche opportuno spiegare tutti i passaggi di una vicenda sulla quale Zaffaroni si è arrampicato sugli specchi. Hien ha saltato il match con la Sampdoria per un problema di natura muscolare. All’indomani è partito comunque con la nazionale svedese. Non ha giocato la prima gara, poi ha sostituito Ekdal nella partita con l’Arzebaijan. Dunque abile e, infatti, arruolato per scendere in campo a Torino. E invece, come ha ammesso lo stesso Zaffaroni “nonostante il parere positivo dello staff medico il ragazzo non ha avuto buone sensazioni e, di comune accordo, non lo abbiamo rischiato”. Ma se Hien martedì gioca, se gli esami medici danno un’indicazione chiara sul suo stato fisico perché il ragazzo non ha giocato? Quali sono queste sensazioni? L’impressione è che il Verona abbia gestito male una vicenda nella quale avrebbe potuto tirarsene fuori con un comunicato medico nel quale sottolineava l’impossibilità di Hien di giocare adducendo magari una ricaduta. Hien è sotto osservazione di molte società, piace in Italia, Torino in primis, ma ha molti estimatori in Europa. A pensar male il suo messaggio è chiaro. “Non ci credo più, inutile stringere i denti per nulla”. È palese che è, soprattutto questo è assolutamente da evitare. Il Verona ha più di un piede tra i cadetti ma serve chiudere con dignità e tenere accesa la fiammella della speranza. I punti da recuperare sono sei le partite da giocare dieci. Tutto è possibile ma quel tutto sottintende una sola prerogativa: rimanere compatti e crederci. Guai a chi si tira indietro.
Mauro Baroncini