«Quella volta iniziai a correre andai talmente forte che nemmeno Preben, che non era certo uno lento, riuscì a starmi dietro». Le parole sono quelle di Pierino Fanna, che quando decideva di accendere il turbo, non ce n’era veramente per nessuno. Il ricordo torna a un Verona-Lazio, quart’ultima gara del campionato 1984/85, non certo una stagione qualunque. La squadra di Osvaldo Bagnoli, infatti, iniziava a intravedere all’orizzonte il sogno tricolore mentre quella biancoceleste, allenata dalla “strana coppia” di traghettatori formata da Giancarlo Oddi e Bob Lovati, si avviava mestamente a una retrocessione in serie B, già supportata dall’inesorabile conforto della matematica. Inutile girarci tanto intorno, quel giorno la vittoria serviva come il pane. Sembrava, però, la classica partita stregata. A rompere l’incantesimo ci pensò proprio Fanna, quando il triplice fischio era dietro l’angolo. «Prima di quella partita – ricorda – la tensione era altissima. Venivamo dal pareggio con il Milan, dopo aver perso in casa due settimane prima contro il Torino. Il traguardo era vicino ma non era ancora raggiunto. Bisognava vincere a tutti i costi. Loro, purtroppo, nonostante fossero già retrocessi, vennero a randellare con il coltello tra i denti, manco fosse una finale di Coppa. La mia rete nacque da una rimessa laterale, fu un gol più di rabbia che di tecnica. L’importante era buttarla dentro. La scarica adrenalinica fu, però, talmente forte che iniziai a correre così forte che nessuno riuscì a starmi dietro. Nemmeno il mio amico Preben». Quel successo contro la Lazio, così tanto sofferta ma meritata, spianò definitivamente la strada verso il titolo tricolore che dopo il pareggio a reti bianche della settimana successiva contro il Como, divenne una splendida realtà in quel di Bergamo.
Enrico Brigi