Matteo Salvini l’ha detto chiaro e tondo: lui punta sul ritorno alla grande delle Province già dal 2024, con votazione ed elezione dei nuovi presidenti e consiglieri. Molti sono gli obiettivi che il vicepremier e ministro alle Infrastrutture vorrebbe cogliere con questa mossa: ridare fiducia ai suoi militanti che vedono raffreddarsi il percorso dell’autonomia differenziata, perché così almeno un piccolo traguardo per dare risposte al territorio verrebbe raggiunto. Inoltre, si verrebbero a creare molti posti per gli amministratori leghisti rimasti fuori da ogni incarico, tra ex parlamentari e ex sindaci. E in questo modo il messaggio agli alleati di Fratelli d’Italia, molto più centralisti, sarebbe chiaro: noi pensiamo ai territori.
«Mi chiedono di reintrodurre le Province. Io da segretario della Lega ne sono straconvinto. Le Province servono per scuole e strade ed è una battaglia che spero di portare al successo» ha spiegato al Corriere.
Infine, il ritorno delle Province darebbe la spallata definita alla riforma Delrio del 2015 che le voleva abolire e che è rimasta una riforma incompiuta. Le Province oggi si occupano di strade e di scuole, ma sono state svuotate di risorse finanziarie, di competenze, di personale. Le competenze sarebbero passate alle Regioni, ma non sempre è stato un trasferimento compiute; il personale è stato dislocato in varie amministrazioni, Regioni comprese, le guardie provinciali hanno lasciato il posto ad altre soluzioni, per non parlare dell’urbanistica: insomma una riforma a metà che ha messo in evidenza come si sia creato un vuoto istituzionale.
Manca cioè un ente di coordinamento di area vasta per il territorio. La Regione non è nata per questo, ha altri compiti e deve legiferare.
Salvini dunque punta a una «controriforma» con l’elezione diretta di presidenti e consiglieri «con le competenze, la scelta diretta dei cittadini e i soldi perché altrimenti strade provinciali e scuole superiori, che devono essere gestite dalle Province, senza soldi e senza personale non hanno manutenzione».
Ed è fiducioso. «Se tornassero già nel 2024 sarebbe un segnale di efficienza».
Un ritorno in piena regola: cosa ne pensa il presidente attuale della Provincia, Flavio Pasini? La riforma è necessaria per riportare le province com’erano, cioè a servizio del territorio, dei comuni e dei cittadini. La riforma potrebbe essere anche graduale se non ci sono da subito i fondi necessari L’importante è che oltre all’elezione diretta ci siano poi le condizioni per poter operare e quindi personale e struttura in grado di garantire i servizi”…
Prosegue il presidente Pasini: “Ambiente, strade, scuole secondarie solo per citare alcune competenze sono indispensabili per il territorio e senza mezzi e personale risulta molto difficile portarle avanti correttamente. Il Senato ha istituito una speciale commissione per agevolare il percorso del disegno di legge Calderoli. Tutti i partiti hanno fatto emendamenti e anche l’UPI ne ha fatti alcuni”.
Ma la strada indicata da Salvini e dalla Lega è piena di ostacoli, soprattutto tra i suoi alleati e anche tra i leghisti stessi che governano sul territorio e vedrebbero messi in discussione gli attuali equilibri.
Premesso che il percorso di questa proposta di legge per il ritorno delle Province non va in alcun modo a intrecciarsi con la riforma Calderoli per l’autonomia differenziata delle Regioni, resta da capire se le Province sono una priorità solo per la Lega o per tutto il centrodestra. E se ci sono i temi tecnici in questa rincorsa verso il voto del 2024 quando si andrà alle urne per elezioni europee.
Un tema che comunque coinvolge migliaia di pubblici amministratori e aspiranti tali.
“Arrivare al voto per le Province nel 2024 è possibile ma non è facile”, spiega Paolo Tosato, parlamentare della Lega che in commissione Affari costituzionali del Senato segue proprio la proposta di legge per le Province. E’ lui che fornisce alla Cronaca di Verona gli ultimi aggiornamenti.
“Il testo di legge è in commissione, siamo in fase di presentazione degli emendamenti, poi ci sarà la discussione generale. Si riprenderà in settembre per le votazioni”.
Gli ostacoli da superare ci sono, non sono pochi e Tosato non li nasconde.
“Il primo problema da superare riguarda il sistema di elezione dei nuovi presidenti e consiglieri che saranno ovviamente in numero ridotto rispetto alle Province tradizionali, prima della riforma Delrio. Si deve decidere se si voterà con sistema proporzionale con più collegi per provincia e se verrà scelto il sistema del listino bloccato, deciso dai partiti, con la preferenza. L’ipotesi è quella di votare nel 2024 insieme con le Europee, per le Province di tutt’Italia, così da creare un vero Election day”. Il costo previsto per le indennità da corrispondere agli eletti nelle nuove Province è stato stimato in 50 milioni l’anno, cifra che con questi chiari di di luna, dove è difficile anche impostare la manovra di fine anno, non è poca cosa.
L’altro aspetto di difficile soluzione è come strutturare il ritorno alle funzioni e alle competenze originarie. Le Province hanno perso risorse e personale. Molti dipendenti sono passati alle Regioni con contratti spesso migliorativi e non si vede perché dovrebbero tornare indietro. Il progetto di legge prevede che entro 18 mesi dall’approvazione (ma possono anche diventare 12) verranno individuate le risorse strumentali e finanziarie, cioè il personale e le dotazioni economiche.
Meglio votare al più presto e poi organizzare le Province o partire con la riorganizzazione e poi andare alle urne?
E oltre a questo, le Province sono una priorità per Meloni e Fratelli d’Italia e Forza Italia? O è solo una urgenza leghista?
“Ma la mancanza di un ente di coordinamento sul territorio è sotto gli occhi di tutti”, conclude Tosato.
Vedremo.
mb