Progetto Fuoco, aspettative incerte Un’impresa su due perde il 75%. Ripartire potenziando ecobonus e bonus casa

Reagire all’emergenza, insieme. È questo lo spirito con cui Progetto Fuoco ha deciso di avviare a metà aprile 2020, nel pieno del lockdown per contrastare l’epidemia da Coronavirus, un questionario online tra i propri espositori e partner che fanno parte del settore degli impianti e delle attrezzature per il riscaldamento a biomassa. Mentre iniziano le prime timide aperture della Fase 2, il comparto, di cui il salone veronese è punto di riferimento italiano ed europeo, fa un primo bilancio delle «ferite» lasciate dal Covid-19 e avanza le richieste al governo. L’ultima edizione del salone si è svolta dal 23 al 26 febbraio, pochi giorni prima dell’avvio del lockdown.
«Il settore è stato duramente colpito dall’emergenza Coronavirus – spiega Raul Barbieri, direttore generale di Piemmeti Spa, società di Verona Fiere che organizza Progetto Fuoco –, che per 9 aziende produttrici su 10 si è tradotta in un fermo totale o parziale delle attività, portando per quasi un’impresa su due a un crollo del fatturato pari o superiore al 75%. Tra gli operatori domina ancora l’incertezza nei confronti del futuro, ma c’è anche voglia di rimettersi in gioco: un’impresa su due ha investito in queste settimane in ricerca e sviluppo. Ora le aziende, dopo aver rispettato con responsabilità le regole di distanziamento imposte dalla crisi sanitaria, chiedono sostegno da parte dello Stato: in primis con il potenziamento dell’ecobonus e del bonus casa, con la facilitazione dell’accesso al credito per le imprese, il finanziamento della cassa integrazione e il credito d’imposta».
Il questionario

Progetto Fuoco ha lanciato a metà aprile un questionario a cui hanno risposto 280 aziende per il 95% con sede in Italia, di cui il 39% attive nell’ambito della produzione e il 61% in quello della distribuzione. Il 72% nel 2019 ha registrato un fatturato superiore a 50 milioni di euro, il 6% tra 10 e 50 milioni di euro, il 5% tra 5 e 10 e il 17% tra 1 e 5. Tra le aziende di produzione, le tipologie merceologiche più frequenti – ciascuna realizzata dal 15% delle aziende – sono caldaie, stufe o termostufe a pellet, termocamini ad aria e/o ad acqua.

Il fermo produttivo

Per il 65% delle aziende dell’ambito produzione, durante la fase di lockdown è scattato il fermo totale, mentre per il 26% il fermo è stato parziale. Nel complesso 9 aziende su 10 hanno dovuto abbassare la serranda, in tutto o in parte.
Il 6% ha potuto continuare a lavorare, rispettando le misure di protezione imposte dai protocolli sulla sicurezza contro il contagio da Covid-19 approvati dal governo e dalle parti sociali. Il 2% ha risposto di aver continuato a lavorare ma con il fermo totale della produzione relativa al settore stufe e camini. Infine il 2% ha riconvertito la propria attività per produrre dispositivi di emergenza.

L’impatto sul fatturato

Quasi un’impresa su due (il 47%) ha visto un crollo del fatturato pari o superiore al 75% rispetto allo stesso periodo del 2019. Per una su cinque (20%) il calo è stato tra il 50 e il 75%. Per il 22% delle imprese il calo è stimato tra il 25% e il 50%. Solo il 3% ha rilevato un calo inferiore al 25%. Il 6% non ha avuto variazioni di rilievo, mentre l’1% del campione ha notato un incremento. La crisi colpisce con più forza le aziende della produzione: il 52% di queste ha perso il 75% o più del fatturato, quota che tra quelle della distribuzione scende al dato, pur sempre impressionante, del 44%.

Le previsioni

Le incertezze dal punto di vista sanitario si riflettono in una percezione sfocata dal punto di vista economico. Le aspettative sull’andamento della propria azienda per l’inverno 2020/2021 sono incerte per il 76% degli imprenditori intervistati. Il 17% vede nero e prevede che la situazione evolverà in senso negativo.