Raffaele Tomelleri
Portieri si nasce, a volte. “Ho sempre giocato in porta” spiega Adriano Bardin, “mitico” portiere del Vicenza, poi anche Cesena e altre ancora. “Mi ricordo a scuola, durante la ricreazione, all’oratorio, si giocava sempre a calcio. Io mi mettevo tra due piante, quella è stata la mia prima porta. E paravo. Un giorno, don Nicola, che qualcosa capiva, mi disse: “Tu diventerai portiere”. Io andai a casa felice, lo raccontai a papà: “Portier ti? Sì,
un portier de la fabrica, mi rispose. Allora, il calcio non era visto come un possibile lavoro, anzi, era un ostacolo a un posto fisso, a uno stipendio”.
Portieri si diventa, anche. A fatica, ma se vuoi, ce la fai. Bardin ha un posto fisso, “…ma ottenni il permesso di lavorare mezza giornata, perchè poi dovevo allenarmi”. Era il ’62. La storia durò
fino al giorno in cui Scopigno gli disse: “Basta ragazzo, adesso devi “fare il calciatore”. “Il primo contratto? La società mi dava 30 mila lire al mese, un’enormità per quei tempi…”.
Portieri si resta, anche dopo un errore clamoroso. “Beh, fa parte del gioco, anche se quella volta, fu davvero difficile. Giochiamo col Cagliari, prima partita. Dopo 5 minuti, Hitchens, attaccante inglese, calcia verso la porta. Un tiro non irresistibile, lo vedo partire, penso di prenderla e di andar giù in tuffo, tranquillo.
La palla, invece, batte sulla linea dell’area piccola, fatta con la calce, prende uno strano rimbalzo e finisce dentro. Sento il Menti che fa “0hhhhhhhhh”. Sudo freddo. Scapperei via, ma devo restare, tanto vale cancellare l’errore. Nel secondo tempo vinciamo 2-1, il gol della vittoria lo segna De Marco, un uruguayano. Sotto la doccia,
gli dico “grazie, mi hai salvato”. E lui: “scherzi? Sbagliano i portieri come sbagliamo noi attaccanti”.
Ma non è finita. “Il martedì, all’allenamento, il mister, Silvestri, mi fa: “Cos’hai combinato, mona?”. Io non gli dico della calce, sto zitto. Mi viene vicino Negri, che era il titolare e mi dice: “Adriano, sei proprio mona, diglielo, no? Han visto tutti che la palla ha fatto un rimbalzo strano… Io zitto. Ero fatto così, non cercavo scuse…”
Portiere si resta per sempre: “Ancora adesso mi emoziono per una grande parata, soffro per qualche errore clamoroso dei portieri, li sento sempre miei. E ancora adesso, rimpiango la solitudine dei portieri. La mia, la vivevo al fischio finale, quando dalla porta raggiungevo gli spogliatoi. Solo con me stesso. Rivedevo la partita. Gli errori,
le parate, le emozioni. Questo mi manca oggi. Mi mancherà sempre”.