“In Veneto il piano vaccinale va avanti, siamo primi in Italia con l’87% dei vaccini fatti, 38 mila inoculazioni”. Così il governatore del Veneto Luca Zaia nel corso della consueta conferenza stampa. “Oggi finiamo le scorte, l’ho detto al commissario per l’emergenza Domenico Arcuri, ma per fortuna sono in arrivo quelle successive”. Si tratta di 49.950 fiale che cominceranno a essere inoculate domani. La macchina della sanità regionale procede spedita, e anche dagli ospedali arrivano notizie incoraggianti. “Una rondine non fa primavera”, ha tenuto a sottolineare Zaia, “ma i numeri si stanno abbassando e aumentano le dimissioni rispetto alle prese in carico. Nel trend degli ultimi due-tre giorni delle curve, i tecnici oggi ci indicano che sembra che ci sia un’inversione di tendenza”. Zaia ha spiegato che i 3.596 positivi su 24.464 tamponi, con un’incidenza del 14%, si legano al periodo delle festività natalizie e al fatto che si tratta sostanzialmente di test di conferma e non di screening. Domani il governo deciderà le nuove fasce: dopo il fine settimana in cui tutta Italia sarà arancione, alla luce dei dati è sempre più probabile che il Veneto lo rimarrà anche successivamente. “E’ improbabile che verremo inseriti in fascia rossa”, ha detto il governatore. Che poi è tornato a parlare della vaccinazione. “Sono stato il primo a livello nazionale a parlare di passaporto sanitario. Non dico che si debba obbligare alla vaccinazione ma dico che diventerà una discriminante essere stato o meno vaccinati. Noi, essendo stati i primi ad avere avuto in Italia l’anagrafe vaccinale, siamo pronti in tempo reale a fornire una certificazione a qualsiasi cittadino se ci venisse richiesto”. Il governatore si è inevitabilmente soffermato su ciò che è accaduto a Washington: “Per noi gli Usa sono la culla della democrazia, e penso che questo sia un attacco alla democrazia. Quando non si accetta un risultato elettorale puoi esporre le tue ragioni ma non si possono giustificare 4 morti e decine di feriti, se fossero state scene italiane, non so cosa ci sarebbe adesso qui, parliamo degli Stati Uniti, siamo vicini al popolo americano. In ogni caso l’ immagine internazionale degli Stati Uniti ne esce devastata”.