Nei supermercati i prezzi continuano ad aumentare, ma gli agricoltori sono sempre più poveri. La filiera agricola resta l’anello più debole della catena agroalimentare, tra prezzi sempre più risicati pagati ai produttori e crescita dei costi di produzione. Nell’ultimo anno, per fare un esempio, il prezzo della pasta di semola di grano duro è cresciuto al consumo dell’11%, ma il grano duro è stato pagato ai coltivatori il 40% in meno. Una situazione paradossale, che impone un cambio di passo da parte delle istituzioni per tutelare gli agricoltori e il loro reddito.
Cia – Agricoltori italiani dichiara, perciò, lo stato di mobilitazione generale scendendo in piazza giovedì 26 ottobre, a Roma, per chiedere un piano strategico che metta al centro l’impresa agricola e il suo reddito. Alla manifestazione, come hanno annunciato oggi Andrea Lavagnoli, presidente di Cia Verona, i vicepresidenti Mirko Sella e Andrea Garonzi e la direttrice provinciale Marta Turolla, parteciperà anche l’associazione di Verona con un pullman di 150 imprenditori agricoli, in rappresentanza di un territorio dalla grande diversificazione produttiva e dall’alto valore aggiunto.
“Negli ultimi anni, tra le attività economiche, l’agricoltura è stata quella più colpita dalle conseguenze di fenomeni ed eventi epocali”, sottolinea Andrea Lavagnoli.
Nessun comparto può considerarsi indenne. Momento difficile per i cereali, con crollo del 40% di produzione per il frumento duro e il 37% per il frumento tenero, a fronte dell’aumento del 40% dei costi e di una contrazione delle quotazioni pagate ai produttori del 40%. La frutta è in ginocchio dopo la siccità record del 2022, le gelate estive e gli attacchi degli insetti. La produzione vinicola risente delle irrisolte crisi fitosanitarie, come dimostra l’esplosione di flavescenza dorata nei mesi scorsi. La zootecnia è in forte sofferenza, tra peste suina, calo di produzione della carne bovina pari al 30% e prezzi del latte in diminuzione: diminuiscono le consegne a causa degli alti costi e si registra una riduzione dell’1,8% degli acquisti di latte e derivati da parte delle famiglie.
“Di fronte a una crisi di portata globale è arrivato il momento di tutelare gli agricoltori e il loro ruolo nell’economia e nella società – dice Lavagnoli -. Dopo anni di promesse, le problematiche del settore restano irrisolte. Sono insufficienti le soluzioni adottate per far fronte alle difficoltà di reperimento della manodopera. Poco si è fatto per la gestione della fauna selvatica, con danni in aumento, così come per le calamità naturali e le crisi fitosanitarie, dato che gli strumenti nazionali coprono meno del 3% dei danni reali e i risarcimenti arrivano sempre in ritardo”.
Per quanto riguarda la discrepanza tra i prezzi tra il campo e la tavola, che crescono in media a tre cifre, Cia propone di “distribuire sulla fase a monte una quota di tale incremento, che consentirebbe agli agricoltori il giusto reddito per continuare a produrre qualità, senza alterare gli equilibri della filiera. Occorre con urgenza aggiornare la normativa sulle pratiche sleali – conclude Lavagnoli -, certificando i costi di produzione agricola e assicurando prezzi dignitosi agli agricoltori. Se i coltivatori abbandonano la produzione, crolla la filiera e, con essa, il made in Italy agroalimentare”.