L’ultima frontiera della prevenzione e della cura del tumore del colon-retto si chiama microbioma, ovvero la popolazione di batteri, virus e funghi che popola il nostro corpo – a partire dall’intestino dove si trova il 70% del totale – in continua simbiosi, fisiologica o patologica, con il nostro organismo.
Da tempo è noto che il microbioma intestinale svolge un ruolo attivo anche nell’insorgenza e nello sviluppo del tumore del colon-retto, la seconda neoplasia più diffusa in Italia, con circa 50mila nuovi casi all’anno. Nel prossimo futuro “la carta di identità genetica” della nostra flora batterica intestinale – diversa per ogni individuo – potrebbe diventare un elemento prezioso per la diagnosi precoce e predittivo per quanto riguarda l’efficacia delle terapie oncologiche.
Il microbioma come svolta nel trattamento del tumore del colon-retto è proprio il titolo di una delle sessioni del congresso di chirurgia che si è svolto oggi (venerdì 13 dicembre) presso la Biblioteca Capitolare di Verona. Giunto alla sesta edizione, il simposio è stato organizzato da Giacomo Ruffo, direttore della Chirurgia Generale dell’IRCCS di Negrar, e Corrado Pedrazzani della Chirurgia Generale ed Epatobiliare dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e professore associato dell’Università scaligera. Tra i relatori anche Antonino Spinelli, presidente per l’anno in corso dell’ESCP- European Society of Coloproctology e Massimo Carlini, presidente SIC – Società italiana di Chirurgia.
“Diversi studi hanno dimostrato correlazioni tra determinate famiglie di batteri presenti nell’intestino e cancro del colon-retto”, ha sottolineato il dottor Ruffo. “Ma esistono anche interazioni tra altre famiglie di batteri e sistema immunitario umano che svolgono un ruolo protettivo rispetto al processo di nascita e sviluppo della neoplasia”. I principali fattori di rischio del tumore del colon-retto sono riconducibili allo stile di vita, in particolare all’alimentazione. “Per ridurre il rischio di tumore potrebbe essere utile modificare il microbioma agendo sulla dieta – ha ripreso il dottor Ruffo – senza dimenticare però che l’interazione tra microbioma e tumore è molto complessa ed è oggetto delle più recenti ricerche finalizzate proprio a definirne il ruolo per la diagnosi precoce e per le terapie mirate. Inoltre la modifica del mocrobioma intestinale prima dell’intervento chirurgico è sempre più un elemento importante per ridurre l’incidenza delle complicanze post-operatorie e migliorare gli esiti oncologici”.
Un altro focus importante del Congresso ha riguardato le innovazioni in chirurgia, in particolare l’utilizzo dei robot chirurgici in dotazione sia all’ospedale di Negrar sia al Policlinico di Borgo Roma. “Grazie alla piattaforma robotica disponibile presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona e all’esperienza maturata nel corso degli anni, oggi possiamo eseguire interventi chirurgici molto complessi come i tumori del retto o quelli in cui è necessaria la resezione contemporanea di altri organi quali, per esempio, il fegato, con un altissimo grado di precisione e di sicurezza. La chirurgia mini-invasiva, e in particolare quella robotica, riduce le complicanze post-operatorie e accelera il recupero. Inoltre, permette di iniziare trattamenti post-operatori, come la chemioterapia, in tempi significativamente ridotti, migliorando ulteriormente gli esiti complessivi.” Al congresso è intervenuto Gyu-Seog Choi del Kyungpook National University Hospital di Daegu (Corea del Sud), uno dei massimi esperti di chirurgia robotica e detentore della più alta casistica di interventi effettuati con la piattaforma robotica “single port”, che consente di eseguire operazioni di chirurgia colon-rettale con alta precisione attraverso un’unica incisione di pochi centimetri.
L’incontro scientifico si è aperto con una sessione dedicata a ERAS, il protocollo chirurgico finalizzato a migliorare il recupero dopo l’intervento grazie al quale la Chirurgia Generale di Negrar – che all’anno effettua circa 400 interventi di resezione del colon, di cui 150 oncologici – ha abbattuto le complicanze post operatorie, con la conseguente riduzione dei giorni di degenza passati da una media di 8,5 a 4,6. Risultato che ha portato il reparto guidato dal dottor Ruffo ad essere certificato dall’organismo internazionale ERAS Society primo ed unico centro formatore in Italia per l’insegnamento del protocollo.