Ma sì, possiamo sopravvivere anche senza calcio. Stupisce, oggi più che mai, il dibattito aperto, Figc e Lega, presidenti e giocatori, campioni e gregari. “Quando si ricomincia?” è la domanda dei “Lotito&De Laurentiis boys”. Come se fosse la cosa più importante. Come se, senza calcio, non ci fosse un domani. Invece, è proprio del domani, che ci si deve preoccupare. Del domani di tutti, mica solo di quello del calcio, non a caso l’unico sport, tra quelli più in vista, a non avere ancora deciso, Rugby, volley, basket, hanno tagliato corto. “Stagione annullata, se ne riparlerà a settembre”.
E il calcio? Il calcio continua a “slittare” le date, cercando sempre più improbabili agganci. Cercando di allungare i tempi di recupero, di andare ai supplementari. “Si può giocare a maggio. No, a giugno. Anche a luglio, agosto…”.
Ma perchè non dire subito, “forte e chiaro”, “non si gioca più, non ci sono e non ci saranno neanche a maggio/giugno le condizioni per farlo”. Come riprendere, può essere un altro discorso. Può essere una serie A a 22 squadre, su questo ci sarà tempo per pensare, per guardarsi in faccia, per decidere.
Ma sul campionato, così come sulla Champions League, sarebbe perfino scontato un intervento deciso, in “fallo laterale, senza stare troppo a guardare. “Non si gioca, non potremo riprendere, neanche ad agosto”.
Perchè? Per una questione di rispetto, prima di tutto. Rispetto per chi è ammalato. Per chi rischia la vita. Per chi ci mette la faccia e non solo. Rispetto per la vita degli altri, se non anche della propria. Ha detto bene Cesare Prandelli: “Come possiamo pensare di passare in pochi giorni dal dolore per i camion militari che trasportano bare, all’esultanza degli stadi?”. Già, potremmo mai farlo? Non è solo un fatto di “potere o non potere”. E’ una questione di coscienza.