“Portiere per caso, portiere per la vita” Sorrentino, cosa farai da grande? “Mah, resto nel calcio ma in un ruolo da dirigente”

Il piccolo Stefano giocava a calcio e, magari, come succede a tanti bambini, sognava di diventare calciatore, ma non come papà. “Papà ha giocato negli anni 80, serie A, soprattutto Catania. Aveva baffoni e capelli lunghi, uno
che nelle figurine lo riconoscevi presto…”. Neanche papà Sorrentino ha mai
spinto quel bambino a giocare in porta. “Papà mi ha sempre lasciato libero, è sempre venuto pochissimo allo stadio e raramente mi ha dato consigli. Pensa che quando ho giocato in Champions, a San Siro contro il Milan, lui non c’era. Lui era fatto così, sempre un passo indietro…”.
Dunque succede che un giorno, siamo a Bologna, (“…papà giocava in rossoblù”), c’è un torneo per giovanissimi e il piccolo Sorrentino si prepara a fare l’attaccante, come sempre. “Mi piaceva farli, non prenderli, come succede a un portiere. Poi, sai, vedevo papàche tornava spesso a casa arrabbiato, perchè un portiere sta male quando prende gol. E allora, mi dicevo, tu farai l’attaccante…”.
Allora, siamo a quel torneo di bambini. Purtroppo, non c’è il portiere. “E allora Rino Rado, che era stato a sua volta portiere e faceva l’allenatore, mi prende da parte e mi dice, “Stefano, se non ti ci metti tu in porta, qua non si gioca”.
Io accettai a malincuore, senza sapere che da quella porta non sarei mai uscito…”.
Senza sapere che quella porta non si sarebbe chiusa mai. “Beh, mi son divertito fino a 40 anni, più o meno. Mi sono tolto le mie soddisfazioni, ho giocato in grandi squadre e ho fatto un pezzo di storia al Chievo. La Nazionale? Mah, forse mi è mancata, forse potevo pure provare l’emozione, in qualche momento. Ma non ne faccio una questione di vita o di morte, è stato giusto così, è stato bello così”.
Dice che il ruolo del portiere è il più bello “…perchè sei sempre protagonista, perchè sei comunque diverso dagli altri. Anche se, qualche volta, soffri di solitudine. La tua squadra segna e tu, quasi sempre, esulti da solo…”.
Sempre con gli “occhi della tigre”, gli stessi che ha spiegato nel suo libro. “Gli occhi della tigre sono quelli che devi avere quando scendi in campo e anche nella vita di ogni giorno. Perchè le cose le devi volere, non arrivano mai da sole. Almeno questo è quello che ho imparato”.
Oggi, Stefano Sorrentino (che ha superato il Covid, in un paio di settimane) commenta le partite per Dazn, ha il patentino di direttore sportivo, lavora nella scuderia di Federico Pastorello. “Mi sono ritirato nel momento migliore. Ora sto capendo cosa voglio fare da grande. Sto lavorando anche ad un bel progetto di cui parlerò nei prossimi giorni a cose definite. La cosa principale è che sparisca il Covid e che si torni alla vita di tutti i giorni. Mi vedo comunque nel calcio, non in campo, ma con un ruolo o da dirigente o da procuratore. Lo capirò quando torneremo a vivere una vita normale”.